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Crescono ancora le aliquote Imu e Tasi
Le abitazioni principali guidano i rincari in vista del saldo - Seguono dimore sfitte e capannoni

Fonte: Il Sole 24 Ore

Mentre l’attenzione viene catalizzata dall’addio alla Tasi sulla prima casa e dallo stop agli aumenti delle imposte locali – destinati a scattare dal 2016 – sarà bene non perdere di vista l’appuntamento del 16 dicembre. Data in cui più di 25 milioni di proprietari sono chiamati a versare il saldo di Imu e Tasi per il 2015. E la notizia è che per il quarto anno di fila il conto sarà mediamente più caro di quello pagato l’anno scorso.
Su 19,8 milioni di abitazioni principali l’aliquota media della Tasi applicata dai Comuni italiani cresce dell’11% rispetto al 2014, passando dall’1,88 al 2,09 per mille. Per una casa con una rendita catastale di 600 euro significa pagare 211 euro anziché 189, senza considerare eventuali agevolazioni, che potrebbero alleviare l’esborso ma che sono obbligatorie solo oltre il 2,5 per mille.
I dati sono stati rilevati dal Caf Acli per Il Sole 24 Ore del lunedì analizzando le delibere sul sito delle Finanze, e dimostrano come sulle prime case si concentrino i maggiori rincari in percentuale. Di fatto, sugli altri immobili, l’aumento medio annuo è nell’ordine del 2%, con una punta del 2,4% sulle case sfitte: per l’alloggio dell’esempio di prima l’esborso per Imu e Tasi passa da 935 a 990 euro.

I ritardatari 
Nel calcolo delle aliquote “fanno media” anche le delibere approvate da 866 Comuni dopo il 30 luglio. Per renderle applicabili al Senato è stato introdotto un emendamento al Ddl di Stabilità, che però non dovrebbe essere confermato alla Camera. La situazione, quindi, resta incerta.
La maggior parte delle delibere tardive sono in aumento, ma non è sempre così. Tra i nove capoluoghi ritardatari, ad esempio, Andria, Matera e Terni hanno alzato le aliquote, mentre Lanusei le ha ridotte.
L’effetto finale delle decisioni 2015, quindi, potrà essere valutato solo a consuntivo. Anche se l’Ifel ne dà, per ora, una misura contenuta: «La nostra stima è che i rincari avranno effetto per 190 milioni di euro e gli sconti per 60, con un aumento effettivo di 70 milioni», afferma Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e delegato Anci per la finanza locale.

Gli sconti modesti 
«Al di là delle incertezze e degli aumenti, colpisce la scarsa differenziazione tra un tipo di fabbricato e l’altro», commenta Paolo Conti, direttore del Caf Acli. «Dove il prelievo è più elevato – prosegue – tende a esserlo su tutti gli immobili, come succede in genere nelle città sopra i 50mila abitanti. Ma ciò dimostra il fallimento del federalismo, perché significa che le condizioni di finanza locale o i valori catastali impediscono di articolare una vera politica fiscale».
Anche quando gli amministratori hanno voluto usare la mano leggera, si vede tutta la difficoltà di introdurre sconti robusti. Sulle case in uso gratuito ai figli le aliquote medie crescono dello 0,3%, mentre sugli affitti concordati scendono dell’1,1%: troppo poco per ridare appeal a questa formula contrattuale, che va anche incontro agli inquilini a basso reddito. E non è un caso che proprio per i canoni agevolati il Senato abbia inserito nel Ddl di Stabilità per il 2016 uno sconto del 25% su Imu e Tasi.
«Siamo soddisfatti che la maggioranza, insieme a gran parte dell’opposizione, abbia finalmente inserito la riduzione del prelievo sugli affitti per il 2016 tra le proprie priorità – osserva Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia –. In questo senso giudichiamo positivamente, anche se si potrebbe fare di più, e con oneri ridottissimi, la riduzione del 25% della tassazione delle locazioni a canone concordato, che fino a quattro anni fa in molte città erano esenti da Ici o tassate con aliquote dell’ uno o due per mille».

Le distorsioni 
Alcuni dei Comuni che hanno aumentato la tassazione finora l’hanno fatto usando la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille introdotta per finanziare le detrazioni sulla prima casa. Maggiorazione che sarà mantenuta anche nel 2016, nonostante l’eliminazione del prelievo sulle abitazioni principali. «A ben vedere questa componente andrebbe eliminata, visto che finora era, per legge, utilizzabile solo per finanziare detrazioni sulla prima casa», rileva Spaziani Testa.
Il risultato indiretto, invece, è che chi alzato il prelievo nel 2015 vedrà in qualche modo consolidata la propria posizione nel 2016. Osserva Castelli: «Stiamo tornando a un sistema in cui lo Stato trasferisce risorse ai Comuni. Attenzione, però, perché si rischia di premiare chi ha alzato le tasse sulla prima casa, che si vedrà rimborsato tutto il maggior gettito, e non chi le ha contenute. Se si sceglie la finanza derivata, andrà studiato un meccanismo che permetta di legare i trasferimenti alla buona amministrazione, e non al livello di pressione fiscale».


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