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Le società partecipate e le strategie dellente locale
Partendo dalla necessità di sciogliere o alienare società controllate, direttamente o indirettamente, dagli enti pubblici, nell’ipotesi in cui oltre il 90% del loro fatturato derivi da prestazioni di servizi a favore degli stessi enti, oppure di predisporre piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle società, per ridurne i costi gestionali, si è preso atto di un fenomeno che nel corso degli anni era stato costruito e non sempre per finalità “nobili”.
Intendiamo con questo affermare che alle volte la creazione di una società era stata motivata da un’esigenza di sviluppo o di riorganizzazione complessiva, ma in molte situazioni era solamente un modo per svincolarsi dalle maglie troppo strette del patto di stabilità o per poter assumere personale ad hoc con procedure più veloci (ma anche più controllabili), senza rispettare il criterio dell’evidenza pubblica. Il numero incredibilmente elevato di partecipate di proprietà degli enti locali che sono state censite – oltre cinquemila nel 2011 – sta a dimostrare che vi era la necessità di ricondurle sotto alla direzione dell’ente, cercando anche di razionalizzarne le funzioni.
Si può così comprendere, in questo momento così difficile anche per l’economia del nostro Paese, la ragione per la quale è stato previsto un drastico ridimensionamento del numero dei componenti dei consigli di amministrazione nelle partecipate pubbliche. Infatti, in sede di ridefinizione delle nomine nei cda, gli organi dovranno essere composti da non più di tre o cinque membri – anche in relazione alla complessità delle attività svolte dalla partecipata – e saranno chiamati a rappresentare l’ente dirigenti o funzionari dipendenti dall’amministrazione controllante. Il compenso da questi percepito, nel caso sia previsto e si tratti di dirigenti, verrà portato ad incremento del fondo per la retribuzione accessoria (1).
La norma a nostro avviso va letta partendo da due considerazioni:
Dal momento che la spending review ci porterà nei prossimi anni ad assistere ad un ridimensionamento progressivo delle partecipate, diventa indispensabile individuare accuratamente le strategie che si intendono perseguire.
Se in passato le società di capitali sono nate con una certa facilità, ora le “cure dimagranti” che vengono imposte sempre più spesso a causa della crisi economica e di una situazione di emergenza che sta durando a lungo, ci impongono di riflettere attentamente sulle strategie poliennali da seguire, con orizzonti che non possono più essere di breve periodo, ma necessariamente di medio e lungo.
La revisione e la razionalizzazione delle società partecipate non va vista come l’ennesima misura restrittiva imposta dal Governo centrale alla periferia, ma piuttosto come un’occasione per ridiscutere le politiche locali, scegliendo con attenzione ciò che deve essere potenziato e lasciando al mercato ciò che non si rivela essere prioritario per l’ente locale.
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(1) Su questo argomento rinviamo all’intervento di Riccardo Nobile (Consigli di amministrazione di società partecipate da enti locali ed emolumenti dei loro dirigenti membri), apparso su questa rivista l’11.1.2013.
di Paola Morigi
Fonte: La Gazzetta degli Enti lòcali
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