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Pubblicazione integrale sul web delle sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione e protezione dei dati personali

Con comunicato del 06/10/2014 il Garante della Protezione dei dati personali rende nota la lettera inviata al Primo Presidente della Corte di Cassazione avente il seguente contenuto:

“come prospettato nella Relazione di apertura dell’attuale anno giudiziario, il sito web istituzionale della Corte di cassazione ha reso accessibili al pubblico le sentenze pronunciate dalla Corte, negli ultimi cinque anni, in materia civile.

Si tratta di un’iniziativa di indubbio rilievo e che va sicuramente apprezzata nella finalità – cui è preordinata – di rendere accessibile a ciascun cittadino un patrimonio giuridico così prezioso quale, appunto, quello costituito dalle pronunce di legittimità.

E tuttavia, la circostanza della pubblicazione integrale delle pronunce – con anche i nominativi, per esteso, delle parti e dei terzi coinvolti a qualunque titolo – non può non suscitare più di una preoccupazione in ordine alla garanzia del diritto alla protezione dei dati personali (spesso anche sensibili e giudiziari) degli interessati. Questa preoccupazione si fonda, in particolare, sui rischi di indicizzazione, decontestualizzazione, finanche alterazione dei dati stessi, inevitabilmente connessi alla loro indiscriminata accessibilità via web; rischi ben evidenziati dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 13 maggio scorso, in re C-131/12 (Google-Spain).

In proposito, va infatti considerato se le stesse apprezzabili finalità di promozione della conoscenza, da parte dei cittadini, degli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla Corte di cassazione non siano egualmente realizzabili con modalità maggiormente idonee a tutelare il diritto alla riservatezza degli interessati. In tal senso, potrebbe essere utile riflettere sull’opportunità di espungere dai provvedimenti i dati identificativi, che pur nulla togliendo alla comprensione del contenuto giuridico della pronuncia, consentirebbe tuttavia di minimizzare l’impatto, in termini di riservatezza, della più ampia accessibilità dell’atto in rete.

In favore di questa soluzione depone, peraltro, un’interpretazione dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (ove lo si ritenesse applicabile al caso di specie) conforme al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia.

Al fine di individuare le soluzioni maggiormente idonee a coniugare la più ampia conoscenza delle pronunce giurisdizionali e il diritto alla protezione dei dati personali, questa Autorità si dichiara sin da ora disponibile ad ogni utile confronto”.


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