MAGGIOLI EDITORE - Bilancio e contabilità


Partecipate, soccorso motivato

di Massimo Venturato

A causa della pandemia molte società saranno costrette a chiudere i bilanci in perdita
Intervento dell’ente locale solo se ci sono i presupposti
A causa della pandemia da Covid-19 molte società partecipate da enti locali non hanno potuto realizzare l’anno scorso i programmi previsti e di conseguenza non hanno registrato quei ricavi che, in taluni casi, avrebbero permesso di non chiudere i bilanci in perdita. Nei prossimi mesi le assemblee dei soci si troveranno in sede di approvazione del bilancio di esercizio 2020 di fronte al problema di dover deliberare per questi soggetti un’operazione di ricapitalizzazione con conseguente necessità di dover fi nanziare nuovo patrimonio, operazione che se non prevista con gli opportuni accantonamenti, comporta inevitabilmente il riconoscimento di debiti fuori bilancio. A volte l’intervento da parte del socio ente locale, peraltro, diventa necessario in quanto per far fronte alla perdita non ci sono sufficienti riserve accantonate nel bilancio della partecipata e la copertura comporta l’annullamento del capitale sociale o comunque una sua diminuzione tale da determinarne un importo sotto il minimo legale. È pur vero che il legislatore, a causa del periodo di crisi derivante dalla pandemia, ha congelato gli adempimenti di ricostruzione del capitale previsti dal codice civile, ma spesso non è un problema di carattere economico – patrimoniale, ma più di carattere finanziario: mancano i soldi. In ogni caso non sempre è possibile porre in essere l’operazione di intervento di finanziamento da parte del socio ente locale. L’articolo 14, comma 5 del dlgs 175/2016 (Tusp) prevede (salvo quanto previsto dagli artt. 2447 e 2482-ter codice civile) un divieto a «sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né prestare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali». Nei pronunciamenti della Corte dei conti, con riguardo alla normativa del c.d. «soccorso finanziario», si è più volte ricordato e ribadito come il divieto di tale operazione, costituisca l’espressione della volontà legislativa di abbandono della logica del salvataggio a tutti i costi degli organismi di partecipazione pubblica in condizioni di precarietà economico – finanziaria di dissesto o perdita strutturale. Il divieto non è motivato solo in ragione di esigenze di contenimento della spesa pubblica, ma anche nell’ottica del rispetto delle regole europee che vietano ai soggetti che operano sul mercato di fruire di privilegi in grado di alterare le fi siologiche dinamiche concorrenziali. La Corte dei conti del Veneto con il parere n. 515/2012/PAR (relatore Tiziano Tessaro) aveva peraltro già in passato ribadito che l’ente locale deve «astenersi da attività di finanziamento nei confronti delle società partecipate qualora non abbia in concreto adottato tutti gli strumenti idonei ad un controllo approfondito della gestione operativa e finanziaria della società partecipata, al fine di appurare se la stessa necessiti, diversamente, di interventi di ricapitalizzazione (non attuabili ovviamente con giacenze di cassa), non solo ai fini del rispetto del principio di trasparenza dell’azione amministrativa ma anche al fine di prevenire una minaccia agli equilibri fi nanziari dell’ente locale». La Corte dei conti sezione autonomie con la deliberazione n. 27/Sezaut/2017/Frg, dopo l’emanazione del Tusp, aveva però poi chiarito che «sono, tuttavia, previsti interventi (trasferimenti straordinari a fronte di convezione, contratti di servizio o di programma) a salvaguardia della continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse ovvero preordinati alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti (art. 14, comma 5, dlgs n. 175/2016)». Quindi non è sempre escluso il «soccorso finanziario», ma è possibile solo se ricorrono le seguenti condizioni: – le finalità e la motivazione sottostanti alla costituzione e al mantenimento della società sono in linea con quanto previsto dagli articoli 4 e 5 del dlgs 175/2016; – l’intervento di sostegno finanziario dell’ente locale risulta giustificato in quanto sostenuto da un idoneo piano di risanamento che garantisca l’equilibrio finanziario entro tre anni. Anche con gli ultimi orientamenti giurisprudenziali si è ribadito questo concetto. Con la deliberazione n. 119/2020 (relatore Giovanni Dalla Pria ), i magistrati contabili del Veneto hanno stabilito che non può essere disconosciuta la possibilità per gli enti locali di utilizzare lo strumento dell’indebitamento nell’ambito della propria attività amministrativa, purché esso sia finalizzato a coprire spese da cui derivi un aumento di valore del loro patrimonio immobiliare e mobiliare anche per il fi nanziamento di società a partecipazione pubblica totalitaria.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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