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La corretta contabilizzazione del fondo rotativo per le demolizioni per la Sezione delle Autonomie

Il ricorso al Fondo per le demolizioni delle opere abusive non rientra nella nozione di indebitamento in quanto le opere di demolizione, pur se realizzate dal comune, sono finanziate dall’autore dell’abuso edilizio, chiamato a rifondere le spese sostenute a tal fine dal comune.

Sulla questione controversa che ha visto contrapposte alcune sezione regionali della Corte dei conti e le indicazioni dell’Osservatorio del Viminale, la Sezione delle Autonomie (deliberazione n.22/2020) ha stabilito il seguente principio di diritto “Il ricorso al Fondo per le demolizioni delle opere abusive non rientra nella nozione di indebitamento in quanto le opere di demolizione, pur se realizzate dal comune, sono finanziate dall’autore dell’abuso edilizio, chiamato a rifondere le spese sostenute a tal fine dal comune. Il rischio connesso alla mancata riscossione di tale entrata da parte del comune va sterilizzato mediante congruo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, secondo le regole stabilite dai principi contabili.”

La posizione dei giudici contabili sull’indebitamento

In diverse pronunce della magistratura contabile è stato evidenziato come, l’accesso al fondo per le demolizioni delle opere abusive sia da considerare quale indebitamento, in quanto il comune rimane obbligato a restituire alla Cassa depositi e prestiti la somma ricevuta a titolo di finanziamento a prescindere dall’esito dell’incasso del relativo importo a carico del responsabile dell’abuso edilizio. Ciò escluderebbe che i lavori di demolizione eseguiti dal comune possano trovare la loro fonte di finanziamento nel credito, peraltro di difficile esazione, che lo stesso ente vanta nei confronti del responsabile dell’abuso. In tal senso le Sezioni riunite siciliane, ritenendo che l’elencazione delle operazioni di indebitamento contenuta nell’art. 3, comma 17, della L. n. 350/2003 non abbia carattere tassativo, hanno inquadrato l’accesso al fondo in esame nella nozione di indebitamento in quanto “operazione che comporta l’acquisizione di risorse aggiuntive, per effettuare spese per le quali non é già prevista idonea copertura di bilancio” (Corte dei conti, Sezioni riunite per la Regione siciliana n. 14/2013).

In modo identico anche la Sezione regionale di controllo per il Piemonte che ha ritenuto che il fondo costituisca uno strumento di finanziamento delle amministrazioni locali “che sono tenute alla restituzione di quanto ricevuto dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. indipendentemente dalla circostanza che abbiano recuperato o meno le somme necessarie per la demolizione dell’opera abusiva” e, dunque, che rientri tra le forme di indebitamento (Corte dei conti, Sez. Reg. controllo Piemonte n. 76/2013).

La stessa sezione della Campania (deliberazione n. 100/2018 e n. 76/2019) che ha rimesso la questione di massima alla Sezione delle Autonomie ha ribadito che l’accesso al fondo in esame non costituisce una partita di giro, con effetti neutrali sugli equilibri di bilancio dell’ente, ma una forma di indebitamento che consente di acquisire risorse aggiuntive per finanziare spese prive di adeguata copertura.

La diversa posizione di ARCONET e dell’Osservatorio

ARCONET,  successivamente confermato dall’Osservatorio del Viminale, ha introdotto il punto 3.20-ter nell’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 al fine di disciplinare le modalità di contabilizzazione delle entrate e delle uscite derivanti dal ricorso a tale fondo. La disciplina introdotta dal D.M. 1 agosto 2019, adottato dal Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri sostanzialmente, assimila l’utilizzo di tale fondo a quello delle anticipazioni di liquidità riconducibili alla definizione di cui all’art. 3, comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le cui modalità di contabilizzazione sono anch’esse introdotte dal medesimo D.M. al punto 3.20-bis dell’allegato 4/2. In definitiva, secondo l’Osservatorio l’operazione non ha natura di indebitamento.

La soluzione della Sezione delle Autonomie

In via preliminare ha osservato la Sezione delle Autonomie come i principi contabili, pur se cedevoli rispetto alla fonte di rango primario, restano un parametro normativo dal quale non è possibile discostarsi. Le Sezioni di controllo della Corte devono dunque assumere detti principi come parametro di valutazione al pari di qualsiasi altra norma. Nel caso si ritenesse l’emergenza di qualche distonia normativa, la questione va sottoposta alla Sezione delle autonomie cui è intestata dall’art. 6, comma 4, d.l. n. 174/2012 la funzione nomofilattica, come correttamente è avvenuto nel caso in esame.

Secondo il Collegio della nomofilachia contabile deve essere contestata la configurabilità delle demolizioni delle opere abusive quali investimenti, mentre correttamente le stesse trovano naturale collocazione tra le spese di funzionamento dell’ente. Infatti, le demolizioni riconducibili all’attività di ripristino della legalità urbanistica non possono farsi rientrare nella nozione di investimento, in quanto attività necessitate rientranti fra i compiti di polizia e vigilanza del comune, molto differenti dalle demolizioni che, inquadrandosi nell’ambito di attività lecite intestate all’ente, ricadrebbero nella nozione di investimento. In altri termini, la possibilità del mancato incasso del credito non incide sulla sua adeguatezza a costituire una valida copertura della spesa, ma deve, piuttosto, essere trattato come “rischio” e fronteggiato con gli strumenti previsti dall’ordinamento, fra cui, in primo luogo, la svalutazione mediante accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità. Se ciò non fosse vero, allora qualunque entrata gravata da un rischio di riscossione dovrebbe essere esclusa, integralmente ed a priori, dal novero delle risorse utilizzabili dall’ente per il finanziamento delle proprie spese.

Pertanto, la disciplina specifica delle modalità di contabilizzazione introdotta dal D.M. 1 agosto 2019 risulta coerente con tale ricostruzione. Infatti, il punto 3.20 ter prevede il ricorso del Comune all’anticipazione di liquidità con l’obbligo di procedere a contabilizzare due flussi contabili:

– il finanziamento da parte del fondo, composto dall’entrata derivante dall’anticipazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti, accertata nel titolo 6 delle entrate “Accensione di prestiti”, e dalla spesa riguardante il rimborso dell’anticipazione alla stessa Cassa Depositi e Prestiti, impegnata nel titolo 4 della spesa con imputazione al medesimo esercizio dell’accertamento;

– la realizzazione delle opere demolitorie, fondata sul presupposto che sia “già accertata l’entrata nei confronti degli autori degli abusi e impegnata la spesa per l’effettiva demolizione dell’opera abusiva”.

In conclusione tale disciplina contabile, in coerenza con la natura giuridica dell’operazione delineata, pone a copertura dell’impegno di spesa per la demolizione dell’opera abusiva l’accertamento dell’entrata a carico degli autori dell’abuso, colloca su un piano separato i rapporti fra ente e Cassa depositi e prestiti e tiene conto del rischio di mancata riscossione delle somme accertate a carico dell’autore dell’abuso mediante la previsione di un congruo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità.


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