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Il rebus delle risorse liberate dalla rinegoziazione dei mutui 2020

Le operazioni di rinegoziazione vengono effettuate in regimi di tassi calanti, comportano di norma l'allungamento del periodo di ammortamento dei mutui e sfruttano il fatto di poter ridurre le rate di ammortamento, che, com'è noto, rientrano nell'equilibrio di parte corrente del bilancio.

Le operazioni di rinegoziazione vengono perlopiù effettuate in regimi di tassi calanti, comportano di norma l’allungamento del periodo di ammortamento dei mutui in essere e sfruttano il fatto di poter ridurre le rate di ammortamento dei mutui, che, come noto, rientrano nell’equilibrio di parte corrente del bilancio finanziario degli enti locali.

Minori rate di ammortamento dei mutui, rispetto agli importi programmati nel bilancio finanziario, significano maggior capacità di spesa corrente e ciò, di fatto, è molto allettante sotto il profilo della gestione di un Ente a breve termine, ma finisce inevitabilmente per appesantire le gestioni finanziarie degli anni successivi.

Per quanto concerne la questione della durata fisico-tecnica degli investimenti e la reciproca durata del relativo indebitamento (anche in caso di rinegoziazione), che non può superare la vita utile dei rispettivi investimenti oggetto di finanziamento (art. 204, comma 2, let. a; art. 10, comma 2, L. 24/12/12, n. 243, modificata dalla L. 12/8/16, n. 164), si rinvia alla sentenza n. 18 del 14/2/19 della Corte Costituzionale che sottolineando il rispetto dei principi di equità intragenerazionale e intergenerazionale, nonchè il principio di responsabilità degli amministratori pubblici nell’esercizio della rappresentanza democratica, dispone: “L’equità intergenerazionale comporta, altresì, la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo. … E, d’altronde, la regola aurea contenuta nell’art. 119, sesto comma, Cost. dimostra come l’indebitamento debba essere finalizzato e riservato unicamente agli investimenti in modo da determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate.”.

Per quanto riguarda l’altra condizione base in caso di rinegoziazione, ovvero l’equivalenza finanziaria, occorre evidenziare che ogni singola operazione di rinegoziazione dei mutui in ammortamento deve rispettare il principio che il valore attuale dei flussi di rimborso del prestito rinegoziato deve essere minore o uguale a quello del prestito originario, utilizzando un fattore di sconto ufficiale.  Vedasi a riguardo l’atto di indirizzo dell’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali, ex art. 154, comma 2, del Tuel del 24/1/2019: “Estinzione anticipata dei mutui e riduzione degli oneri del servizio del debito per gli enti locali” che recita: “… operazioni di gestione attiva del debito da parte degli enti locali devono ritenersi ammissibili in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi garantendo, altresì, la correlazione tra la durata dell’indebitamento e la durata fisico-tecnica degli investimenti finanziati con l’indebitamento stesso, al fine di non generare, nei bilanci degli anni futuri, oneri finanziari slegati dai benefici diretti ed indiretti alla collettività che di norma generano nel tempo le opere e gli altri interventi pubblici in conto capitale”.

Si vuole in questa sede approfondire un’altra questione e precisamente quella che riguarda la possibilità di utilizzo delle risorse liberate a seguito di  operazioni di rinegoziazione del debito.

N.B. Per risorse liberate si intende la differenza positiva tra le quote annuali di rimborso dei mutui o altri prestiti previste negli originari piani di ammortamento e le nuove quote annuali di rimborso dei medesimi prestiti dopo le rinegoziazioni.

Il tema è certamente al centro del dibattito di quest’ultimo periodo per effetto della recente rinegoziazione dei mutui della Cassa DP, di cui alla Circolare n. 1300 del 23/4/20, a seguito della situazione di emergenza conseguente la crisi epidemiologica Covid-19. Prendendo in considerazione il quadro normativo degli ultimi anni, l’art. 7, comma 2, del DL 19/6/15, n. 78, ha concesso la possibilità, inizialmente per il solo anno 2015, di utilizzare liberamente i risparmi di linea capitale derivanti dalla rinegoziazione, senza vincolarli per spese di investimento o a riduzione di debito. N.B. Ci si riferisce solo alla quota capitale e non alla quota interessi. Successivamente, tale possibilità venne estesa fino all’anno 2020 per effetto del art.1, comma 867, della L. 28/12/15, n. 208, Legge di stabilità 2016. Con l’art. 57, comma 1 quater, del DL 26 ottobre 2019, n. 124 è stata ulteriormente prorogata fino all’anno 2023 la possibilità di utilizzare le economie derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui, senza vincoli di destinazione.

Pertanto, fino all’anno 2023, ogni riduzione di rate di ammortamento di prestiti rispetto a quelle previste nel bilancio di previsione sulla base delle obbligazioni precedentemente assunte, per effetto di operazioni di rinegoziazione, può essere utilizzata liberamente, tramite variazioni di bilancio, finanziando qualsiasi altra spesa di parte corrente o di investimento. Ma dall’anno 2024 cosa succede?

Salvo altri interventi normativi o precisazioni che nel frattempo potrebbero essere emanati a riguardo, dall’anno 2024 le economie di spesa in conto capitale (quote di capitale dei mutui o altri prestiti da restituire), calcolate quale differenza tra quote (capitali) annuali indicate negli originari piani di ammortamento dei prestiti e quote (capitali) ricalcolate a seguito delle rinegoziazioni dei mutui, debbono essere adeguatamente evidenziare sia nel documento unico di programmazione – DUP, sia nella relazione del rendiconto della gestione.

Tale differenza comporterà un corrispondente avanzo finanziario di parte corrente, che, dovendo per forza di cose rispettare il principio generale del pareggio di bilancio, genera un corrispondente disavanzo nella parte in conto capitale.

Vedasi l’Allegato n.9 – Bilancio di previsione. Equilibri di bilancio, del D. Lgs. 23/6/11, n. 118 e precisamente:

EQUILIBRIO DI PARTE CORRENTE,  O=G+H+I-L+M
EQUILIBRIO DI PARTE CAPITALE,   Z = P+Q+R-C-I-S1-S2-T+L-M-U-V+E


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