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Non sindacabile dal G.A. la dichiarazione di dissesto dell’ente locale se i risultati contabili peggiorano

Un comune senza revocare la procedura del piano di riequilibrio approvata dalla Corte dei conti, ha dichiarato il dissesto.

Un comune senza revocare la procedura del piano di riequilibrio approvata dalla Corte dei conti, ha dichiarato il dissesto. La scelta dell’ente, secondo il TAR della Campania (sentenza n.2445/2020) è da considerarsi legittima. Infatti, il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto dell’ente locale è necessariamente incentrato sulla verifica del corretto esercizio del potere in ordine all’accertamento dei presupposti di fatto previsti dalla legge, non potendo consentirsi al giudice amministrativo alcuna valutazione delle scelte operate (o non operate) dall’amministrazione per eliminare o ridurre i servizi non essenziali ovvero per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2837/2006).

La vicenda

Un comune con piano di riequilibrio finanziario approvato dalla Corte dei conti, in considerazione della criticità finanziaria è ricorso alla procedura di dissesto con specifica deliberazione del Consiglio comunale, senza disporre la revoca del piano di riequilibrio. Tale deliberazione di dissesto è stata impugnata da alcuni consiglieri comunali di opposizione e da alcuni cittadini, mentre ad adiuvandum si è costituita anche una Società che, in quanto creditrice nei confronti del Comune per corrispettivi contrattuali, ha esposto di essere titolare di una posizione giuridica differenziata e qualificata alla demolizione della delibera di dissesto finanziario da cui discende il blocco delle procedure esecutive ai sensi dell’art. 248 del Tuel. La domanda di quest’ultima società, tuttavia, è stata giudicata inammissibile da parte del Collegio amministrativo di primo grado, in quanto la società può proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l’interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all’impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che deve essere azionato mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziali.

Secondo i ricorrenti, la deliberazione di azionabilità da parte del Consiglio comunale del dissesto, avrebbe dovuto essere preceduta dalla revoca del piano di riequilibrio finanziario ex art. 243 bis del Tuel precedentemente approvato, secondo le linee guida adottate dalla Corte dei Conti con deliberazione n. 4 n. 5/sez. Aut./2018 del 10.4.2018, ai sensi della quale “… l’esercizio della facoltà di revoca del ricorso alla procedura di riequilibrio in linea di principio da ritenersi consentita qualora esercitata entro il termine di 90 giorni previsto per la presentazione del piano … tale decisione deve essere formalizzata ed espressa da apposita delibera …”. In altri termini la mancata revoca del piano di riequilibrio farebbe vivere in contemporanea due procedure (predissesto e dissesto) determinando una situazione di incertezza per i cittadini e per l’amministrazione, con conseguente lesione dei principi di legittimo affidamento e certezza del diritto. Inoltre, nel merito mancherebbero i presupposti per il dissesto in quanto il Consilgio comunale non avrebbe tenuto conto degli effetti del piano di riequilibrio che avrebbe registrato un miglioramento della situazione finanziaria a seguito della riduzione del disavanzo.

Le motivazioni del Collegio amministrativo

Secondo i giudici amministrativi di primo grado le argomentazioni dei ricorrenti sono da rigettare.

In primis in quanto, per costante giurisprudenza amministrativa, il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto dell’ente locale è necessariamente incentrato sulla verifica del corretto esercizio del potere (di azione) in ordine all’accertamento dei presupposti di fatto previsti dalla legge, non potendo consentirsi al giudice amministrativo alcuna valutazione delle scelte operate (o non operate) dall’amministrazione per eliminare o ridurre i servizi non essenziali ovvero per evitare o limitare lo stato di deficit finanziario (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2837/2006). Inoltre, il predissesto e il dissesto, presentano diversi presupposti applicativi. ll “predissesto”, ex art. 243 bis del Tuel, ha la funzione di prevenire la delibera di dissesto allorquando vi siano margini di rientro, previo sindacato da parte della Sezione Regione della Corte dei Conti, viceversa in presenza di una crisi irreversibile va deliberato il dissesto dell’ente ai sensi degli artt. 244 e 246 del Tuel.

Nel caso di specie, nonostante il Comune abbia intrapreso la procedura di cui all’art. 243 bis, la dichiarazione del dissesto, ex art. 244 del Tuel, costituisce atto dovuto in presenza delle condizioni normativamente prescritte costituite dalla “incapacità funzionale” ovvero dalla “decozione finanziaria”. In presenza di tale criticità, l’approvazione del dissesto effettuata dal Consiglio comunale non doveva essere necessariamente preceduta dalla revoca del “predissesto” non trattandosi di una scelta discrezionale per l’ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata ed ineludibile, una volta acclarato lo stato di decozione finanziaria dell’ente (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 143/2012; T.A.R. Campania, Sez. I, n. 1800/2017). Nelle motivazioni della procedura di dissesto intrapresa dall’ente locale, l’amministrazione comunale ha evidenziato come la stessa non fosse arginabile con strumenti ordinari. Ora, se è vero che vi era stato un miglioramento del risultato nel conto consuntivo 2018 rispetto all’anno precedente, è stato dimostrato che il conto consuntivo 2019 ha registrato un risultato di amministrazione peggiorativo rispetto al 2018, peggioramento dovuto soprattutto alla bassa capacità di riscossione dei crediti da parte dell’amministrazione. Inoltre, nella medesima relazione l’ente locale ha dato atto che le previsioni di entrata poste a base del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243 bis del Tuel non hanno fatto registrare il dato previsto e programmato con conseguente insostenibilità della massa debitoria. In altri termini, anche per il 2019, il Comune non è stato in grado di far fronte con la propria liquidità alle obbligazioni correnti, con ciò integrando i presupposti di cui all’art. 244 del Tuel per deliberare lo stato di dissesto.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.


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