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Contratti pubblici, principi comunitari inderogabili anche in fase emergenziale

di Fabrizio Magri

I principi di derivazione comunitaria dell’evidenza pubblica, da un lato, e i criteri fissati dalla normativa interna di cui all’articolo 63, comma 2, lettera c) del Codice dei Contratti Pubblici in tema di «procedura negoziata d’urgenza», dall’altro, costituiscono i parametri di riferimento cui le amministrazioni devono necessariamente attenersi, anche nell’attuale contesto di emergenza sanitaria, qualora intendano affidare contratti pubblici (ancorché attivi). Neppure la crisi sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 può giustificare la violazione dei principi concorrenziali, e di trasparenza e pubblicità da parte del soggetto pubblico. È quanto affermato dal Tar Lombardia che, nellasentenza n. 1006/2020, ha sancito la illegittimità della “collaborazione scientifica” siglata tra il Policlinico San Matteo e la Diarosin. In particolare il Giudice Amministrativo, in accoglimento del ricorso promosso della Technogenetics, ha annullato la Determina del Direttore Generale dalla Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo n. 5/D.G./0277 del 23 marzo 2020 di approvazione dell’accordo proposto dalla Diarosin per lo svolgimento dell’attività di valutazione di test sierologici e molecolari per la diagnosi dell’infezione da Covid-19 “da successivamente sviluppare e produrre” da parte della Diasorin. Le parti avevano inquadrato il loro rapporto contrattuale nell’alveo della “collaborazione scientifica” prevista dall’articolo 8, comma 5 Dlgs 288/2003, che consente alle Fondazioni I.R.C.C.S. di dare vita a forme di collaborazione, anche con soggetti privati, finalizzate all’industrializzazione dei risultati della ricerca. Il Tar ha escluso la sussumibilità del contratto all’interno del paradigma normativo degli accordi di collaborazione scientifica ammessi ai sensi del Dlgs 288/2003, ritenendo che esso, lungi dall’essere diretto a consentire la produzione industriale di un risultato scientifico conseguito dal Policlinico, avrebbe invero obbligato (dietro corrispettivo) il Policlinico “a mettere a disposizione dell’operatore privato le sue conoscenze scientifiche, i suoi laboratori, il suo personale, dipendente e non, il suo know how al fine di conseguire, anche attraverso l’elaborazione di test innovativi, nuovi risultati, nuovi prodotti e nuove invenzioni, la cui titolarità resta riservata a Diasorin”. Il Giudice ha pertanto qualificato il rapporto come concessione di beni patrimoniali indisponibili, impiegati per il soddisfacimento di un interesse particolare di cui è portatrice la Diasorin, consistente nello sviluppo e nella realizzazione di prodotti (i c.d. kit sierologici) di cui la società acquisisce la proprietà esclusiva, conservandone i relativi diritti di brevetto e commercializzazione. Secondo il Tar, l’individuazione del concessionario di un bene patrimoniale indisponibile – ancorché fattispecie differente rispetto a quelle specificamente oggetto della disciplina eurounitaria e nazionale in materia di contratti pubblici di appalto e concessione – deve soggiacere ai principi dell’evidenza pubblica. È lo stesso articolo 4 del Dlgs n. 50/2016 a precisare che anche l’affidamento dei contratti pubblici esclusi dall’ambito applicativo del Codice dei Contratti Pubblici debba avvenire nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e di parità di trattamento. Detti principi trovano riconoscimento nello stesso Dlgs 288/2003 che, all’articolo 9, attribuisce ai soggetti quali le Fondazioni I.R.C.C.S. capacità negoziale anche per l’esecuzione di prestazioni diverse da quelle istituzionali in senso stretto, imponendo che la controparte negoziale sia individuata “nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria”. Il Tar precisa inoltre che l’applicazione dei principi comunitari alle concessioni di beni indisponibili di rilevanza economica prescinde dal nomen attribuito dalle parti al singolo negozio. In particolare, ad avviso del Tar, “i principi comunitari non possono essere elusi attraverso l’utilizzo di moduli convenzionali che, al di fuori del necessario confronto competitivo e della necessaria apertura al mercato, abbiano l’effetto di attribuire ad un operatore determinato una particolare utilità, formata da un complesso di beni sottoposto a vincolo di indisponibilità”. Su queste premesse il Tar ha giudicato che il Policlinico abbia illegittimamente attribuito a Diasorin, operatore economico scelto senza il rispetto dei principi fondamentali dell’evidenza pubblica, un vantaggio competitivo rispetto agli ulteriori operatori del settore dando così luogo ad una indebita alterazione del confronto concorrenziale. Il Giudice amministrativo ha pertanto annullato la Determina Direttoriale gravata e l’accordo ad essa connesso, disponendo inoltre la trasmissione degli atti alla Procura presso la Corte dei Conti di Milano.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.


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