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Legittimazione passiva del Comune in un giudizio per mancata e/o irrituale notifica di cartella di pagamento al CDS

Il Comune riferisce di aver irrogato nel 2010 una sanzione per violazione del codice della strada e, non essendo intervenuta la riscossione bonaria, di averla inoltrata per l’attività di riscossione coattiva all’Agenzia delle entrate competente per territorio, in base alla residenza del soggetto sanzionato.

Il servizio di consulenza delal Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia risponde alla seguente domanda posta da un Comune.

Il Comune riferisce di aver irrogato nel 2010 una sanzione per violazione del codice della strada e, non essendo intervenuta la riscossione bonaria, di averla inoltrata per l’attività di riscossione coattiva all’Agenzia delle entrate competente per territorio, in base alla residenza del soggetto sanzionato. In relazione alla suddetta contravvenzione, il privato interessato ha promosso giudizio di opposizione, con atto di citazione notificato all’Ente e al concessionario della riscossione[1], con riferimento al quale il Comune chiede un parere sull’opportunità di costituirsi, considerato che vengono contestati atti dell’esattore.

Si premette che l’attività di consulenza di questo Servizio è volta a rappresentare agli enti locali un quadro giuridico generale sulle questioni poste, che possa essere loro di aiuto per valutare, nella loro autonomia, la soluzione più opportuna nel caso concreto, in relazione alle sue specificità. Per cui in via collaborativa si esprimono le seguenti considerazioni.

Nell’atto di citazione in opposizione, l’istante chiede di accertare e dichiarare la nullità del ruolo e della relativa cartella esattoriale[2], in quanto sostiene che la mancata e/o irrituale notifica della cartella[3] ha determinato la prescrizione del credito[4].

Inoltre, l’opponente osserva che la cartella, anche se gli fosse stata regolarmente notificata nel 2013, sarebbe comunque prescritta, essendo da allora passati cinque anni.

Su questi rilievi si esprimono alcune considerazioni in generale sulla prescrizione del credito da contravvenzione, lungi da ogni valutazione di merito sulla pretesa dell’opponente e sulla fondatezza delle argomentazioni addotte.

La prescrizione riguarda il diritto di credito e produce la conseguenza che il credito non può più essere preteso né con riscossione né tramite azione giudiziale.

In generale, in tema di sanzioni amministrative per la violazione del codice della strada, ai fini dalla riscossione delle somme dovute a tale titolo, si applica la prescrizione quinquennale, di cui all’art. 28, L. n. 689/1981, richiamato dall’articolo 209 del Codice della strada (D.Lgs. n. 285/1992)[5].

La cartella di pagamento notificata oltre il quinquennio è nulla in quanto ha ad oggetto un credito prescritto; allo stesso modo, i successivi atti di riscossione – come le intimazioni di pagamento[6] – devono rispettare il termine di prescrizione di 5 anni dalla notifica della cartella: in caso contrario, se cioè vengono notificati oltre i 5 anni, gli stessi sono invalidi in quanto riferiti ad una cartella già prescritta e la loro invalidità può essere fatta valere, innanzi al Giudice competente, assieme alla nullità della cartella prescritta e all’estinzione del credito.

Cosa diversa dalla prescrizione è la decadenza della cartella, che riguarda l’azione di riscossione.

Ai sensi dell’art. 1, c. 153, L. n. 244/2007[7], le somme dovute per una sanzione per violazione del codice della strada non possono essere incassate dall’agente di riscossione se sono trascorsi più di due anni dalla ricezione del ruolo da parte del Comune che ha irrogato la multa.

La cartella notificata dopo due anni dalla consegna del ruolo è dunque nulla, ma se non sono ancora passati 5 anni dalla violazione, il credito non è ancora prescritto e potrà essere fatto valere in via giudiziaria (ma non più attraverso la cartella a mezzo agente di riscossione).

Nel caso di specie, emerge che la cartella è stata notificata nel 2013, per cui in relazione alla data di trasmissione del ruolo al concessionario, l’Ente potrà valutare se siano stati rispettati dall’agente della riscossione i termini di decadenza.

Tornando all’atto di citazione in giudizio, l’opponente da un lato sostiene la prescrizione del debito per mancata e/o irrituale notifica della cartella esattoriale, dall’altro lato afferma che, anche in caso di rituale notifica della cartella, il credito sarebbe comunque prescritto essendo passati 5 anni dal 2013, anno di notifica (presunta, a suo dire) della cartella.

A questo proposito – nel ribadire l’estraneità di questo Servizio ad ogni valutazione sul merito della questione – si può solo prendere atto che il Comune riferisce che successivamente alla cartella, sono state emanate due intimazioni di pagamento, nel 2015 e nel 2019, di cui non viene fatto cenno nell’atto di citazione in opposizione.

Di tali intimazioni di pagamento, che interromperebbero la prescrizione, il Comune ha fatto richiesta all’Agenzia delle entrate Riscossione, al fine di poter difendere la posizione dell’Ente e valutare la sua costituzione in giudizio, in relazione alla correttezza dell’iter seguito dal concessionario.

In proposito – fermo restando quanto detto sopra sulla verifica del rispetto dei termini di decadenza da parte del concessionario – si esprimono delle considerazioni, muovendo dal fatto che l’opponente deduce la mancata e/o irrituale notifica della cartella di pagamento e la prescrizione del credito.

Al riguardo, si riportano le considerazioni della Corte di Cassazione a Sezioni unite[8] espresse con riferimento all’ipotesi in cui la mancata notifica della cartella di pagamento – atto dell’esattore – sia stata dedotta per far valere la nullità dell’intimazione di pagamento, successivo atto dell’esattore.

La cartella di pagamento ha la funzione di portare a conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli: ha valore di vero e proprio atto di esercizio del potere impositivo, essendo il primo atto notificato al contribuente in relazione alla pretesa erariale, e costituisce il presupposto dell’avviso di mora[9].

Il “vizio” dell’omessa notifica della cartella di pagamento non può essere ridotto alla (mera) dimensione di “vizio proprio dell’atto”, come se fosse, ad esempio, analogo ad un vizio riferito alla (pretesa) difformità del contenuto dell’atto rispetto allo schema legislativo: si tratta di un vizio procedurale più rilevante che determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria, la cui correttezza è assicurata mediante il rispetto dell’ordinato progredire delle notificazioni degli atti, destinati, con diversa e specifica funzione, a portare quella pretesa nella sfera di conoscenza del contribuente e a rendere possibile per quest’ultimo un efficace esercizio del diritto di difesa, sicché la legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito[10].

Sulla scia di questa pronuncia, e al di là della situazione in cui la mancata notifica venga dedotta per far valere la nullità dell’atto consequenziale, la Suprema Corte ha affermato in generale che lamentare l’omessa notifica della cartella esattoriale è funzionale a far valere l’eccezione di prescrizione, cioè a negare che la prescrizione stessa sia stata interrotta (dalla notifica della cartella): si tratta cioè di un’azione di accertamento negativo del credito; in questo senso, la contestazione della mancata notifica è pur sempre funzionale ad una questione inerente al merito della pretesa creditoria[11].

La Suprema Corte riconduce l’azione per mancata notifica della cartella a un’azione di opposizione all’esecuzione, che altro non è che un’azione di accertamento negativo del credito; mentre ricorre un’azione di opposizione agli atti esecutivi quando viene in rilievo, esclusivamente, la sola irritualità della notifica della cartella e non anche la mancata notifica del titolo esecutivo[12].

La Suprema Corte precisa altresì che l’azione relativa al merito della fondatezza dell’obbligo di pagamento va notificata all’ente creditore e quella relativa alla regolarità formale della cartella al concessionario della riscossione, che è il soggetto cui è affidato l’esercizio dell’azione esecutiva[13].

Nel caso di specie, l’opponente contesta “la mancanza e/o irritualità della notifica della cartella esattoriale” che “non può che determinare l’estinzione e/o prescrizione del presunto credito vantato” e chiede di accertare e dichiarare la nullità del ruolo e della cartella esattoriale del credito vantato, perché prescritto: valuti, dunque, l’Ente l’opportunità di costituirsi o meno in relazione alle suesposte considerazioni.

Un tanto, fermo restando quanto detto sopra circa la verifica del rispetto dei termini di decadenza da parte del concessionario: in caso di mancata notifica della cartella entro due anni dalla ricezione del ruolo, non solo si sarebbe determinata la decadenza dall’azione di riscossione, ma sarebbe altresì preclusa la possibilità di far valere il credito per le vie giudiziali, in quanto oramai prescritto.

In proposito, si esprimono alcune considerazioni sulla possibilità dell’ente impositore (creditore) di ottenere il ristoro del danno qualora si accerti che la prescrizione del credito sia riconducibile alla responsabilità del concessionario della riscossione, per ritardi o irregolarità nell’attività esattoriale.

La Corte di Cassazione, sez. lavoro, 26 ottobre 2018, n. 27218, ha affermato che con l’affidamento in riscossione, il concessionario diviene legittimato a ricevere validamente il pagamento per conto del creditore, il quale libera il debitore ed estingue l’obbligazione sottostante, secondo lo schema di cui all’art. 1188 c.c.

Inoltre, l’affidamento della riscossione assume i connotati del mandato con rappresentanza ex lege a compiere quanto necessario affinché il pagamento possa avvenire spontaneamente o coattivamente.

In particolare, il diligente e tempestivo compimento degli atti esecutivi di tale complesso mandato è in sé in grado di comportare la salvaguardia del diritto rispetto all’estinzione per prescrizione e dunque anche l’assicurazione di tale effetto rientra a pieno titolo, ai sensi dell’art. 1710 c.c., nell’ambito della responsabilità del concessionario incaricato.

La Suprema Corte ha osservato, peraltro, che il Giudice di merito, ricostruendo in toto la vicenda inerente all’incarico di riscossione, può valutare se ricorrano o meno elementi di colpa concorrente, rilevanti ex art. 1227 c.c., in capo all’ente mandante.

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[1] L’art. 10 del D.Lgs. 31.12.1992 n. 546 (recante “Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413”), indica, tra le parti del processo tributario, gli enti impositori e l’agente della riscossione.

[2] Ai sensi dell’art. 10, D.P.R. n. 602/1973, il concessionario è il soggetto cui è affidato in concessione il servizio di riscossione (lett. a); il ruolo è l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario (lett. b); ai sensi del successivo art. 12, il ruolo è sottoscritto dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato e con la sottoscrizione diviene esecutivo. (In giurisprudenza, v. Cass. Civ, Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704, secondo cui il ruolo è atto proprio ed esclusivo dell’ente creditore impositore – mai del concessionario della riscossione – e costituisce titolo esecutivo).

Il concessionario della riscossione, in forza del ruolo ricevuto, redige la cartella di pagamento che, per l’art. 25, c. 2, D.P.R. n. 602/1973, “contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata” e provvede (ai sensi del successivo art. 26) alla “notificazione della cartella di pagamento” al debitore.

Ai sensi dell’art. 21, c. 1, D.Lgs. n. 546/1992, “la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo”.

L’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992 indica gli atti impugnabili nel processo tributario: per quanto concerne gli atti esecutivi, fra gli altri: il ruolo e la cartella di pagamento (comma 1, lett. d); l’avviso di mora (comma 2, lett. e).

[3] L’opponente sostiene di aver preso conoscenza del debito da contravvenzione a suo carico da un estratto di ruolo rilasciato dall’Agenzia delle entrate su sua richiesta motivata dal voler conoscere la propria posizione per delle operazioni commerciali.

[4] Nelle premesse del ricorso, l’opponente afferma altresì che andrà dimostrata la regolarità formale degli atti se notificati.

[5] Ai sensi dell’art. 209, D.Lgs. n. 285/1992, “La prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice è regolata dall’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689”.

Ai sensi dell’art. 28, L. n. 689/1981, “Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di 5 anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione” (comma 1). “L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile” (comma 2).

Per l’applicazione del termine quinquennale di prescrizione, v. in giurisprudenza Cass. Civ., sez. II, 14 ottobre 2009, n. 21881; Cass. Civ., 20 febbraio 2008, n. 4375.

[6] L’art. 19, D.Lgs. n. 546/1992, indica, tra gli atti impugnabili nel processo tributario, il ruolo e la cartella di pagamento (comma 1, lett. d); l’avviso di mora (comma 2, lett. e).

Per avviso di mora, si intende ora l’avviso di intimazione, ai sensi dell’art. 50, D.P.R. n. 602/1073 e successive modifiche e integrazioni (cfr. Scuola di alta formazione Luigi Martino, Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili Milano, Mediazione e processo tributario, Processo tributario, Gli atti impugnabili, 2 dicembre 2013, Milano).

In particolare, ai sensi dell’art. 50, D.P.R. n. 602/1073, una volta notificata la cartella esattoriale per multa, il contribuente ha 60 giorni per effettuare il pagamento, decorso il quale l’agente della riscossione può procedere con l’espropriazione forzata (comma 1). Se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’articolo 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni (comma 2).

[7] Il citato comma 153 ha aggiunto il comma 35-bis all’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il quale recita: “A decorrere dal1° gennaio 2008 gli agenti della riscossione non possono svolgere attività finalizzate al recupero di somme, di spettanza comunale, iscritte in ruoli relativi a sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, per i quali, alla data dell’acquisizione di cui al comma 7, la cartella di pagamento non era stata notificata entro due anni dalla consegna del ruolo”.

[8] Cass. Civ. Sez. Un., 25 luglio 2007, n. 16412. Conformi, tra le tante: Cass. Civ., sez. V, 30 giugno 2009, n. 15310; Cass. Civ., sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 1532.

[9] La notifica dell’avviso di mora – osservano le Sezioni Unite – è, a differenza della notificazione della cartella, meramente eventuale, essendo prevista per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge.

[10] Cass. Civ., Sez. Un., n. 16412/2007 cit.

[11] Cass. Civ, sez. lav., 19 giugno 2019, n. 16425.

[12] Cass. Civ., sez. lav., 8 novembre 2018, n. 28583.

[13] Cass. Civ. n. 16425/2019 cit.


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