MAGGIOLI EDITORE - Bilancio e contabilità


La notifica degli avvisi di accertamento al 2021 mette a rischio i bilanci comunali

di Stefano Baldoni

Il decreto 34/2020 interviene sui termini e sulle le modalità di emissione e di notifica degli avvisi di accertamento tributario, dopo la sospensione dei termini contenuta nel decreto “cura Italia”, introducendo una netta separazione temporale tra la fase dell’emissione dell’avviso e quella della sua notificazione. Una norma che, se fosse applicabile anche ai tributi locali, potrebbe mettere a rischio i già precari equilibri di bilancio degli enti. Emissione e notifica degli avvisi L’art. 157, comma 1, Dl 34/2020 stabilisce che gli atti di accertamento, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di rettifica, di liquidazione per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tenere conto del periodo di sospensione di cui all’art. 67, c. 1, Dl 18/2020 (dal 08/03/2020 al 31/05/2020), che scadono tra l’8/03/2020 ed il 31/12/2020, sono emessi entro quest’ultima data e notificati nel periodo compreso tra il 01/01/2021 ed il 31/12/2021, esclusi i casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi. Una prima precisazione importante che viene dalla norma è la conferma che la sospensione dei termini delle attività di accertamento, riscossione, liquidazione e contenzioso degli enti impositori, contenuta nell’art. 67, comma 1, Dl 18/2020, riguarda anche i termini di decadenza degli atti di accertamento, che vengono di conseguenza allungati di 85 giorni. Il dubbio era sorto poiché la disposizione citata sospende al comma 1, tra l’altro, i termini delle attività di accertamento e controllo, mentre al comma 4, fa specifico riferimento ai termini di decadenza, richiamando la norma dell’art. 12, commi 1 e 3, Dlgs 159/2015. Il primo comma di quest’ultima norma stabilisce in particolare che le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione, in deroga alle disposizioni dell’art. 3, c. 3, della L 212/2000. Norma che però nel caso dei tributi locali non aiuta, non avendo la legge previsto la sospensione dei termini di versamento. Non pare quindi ravvedersi quell’automatismo tra sospensione per il contribuente e sospensione dei termini per l’ente impositore che richiede invece il comma 1 dell’art. 12 citato. Il comma 3 si occupa invece della notifica delle cartelle di pagamento. Non è più richiamato, dopo la conversione in legge del Dl 18/2020, il comma 2 del citato art. 12, il quale stabilisce l’espresso rinvio dei termini di decadenza degli enti impositori, nei casi emergenziali ivi previsti, al 31/12 del secondo anno successivo a quello di scadenza del periodo di sospensione. Quindi il riferimento all’art. 12 non sembrerebbe di aiuto per risolvere il rebus relativo alla sospensione o meno dei termini di decadenza per i tributi locali. La sospensione dei termini dell’attività di accertamento, contenuta nel comma 1 dell’art. 67, sembrava piuttosto più incentrata sui termini procedurali che su quelli decadenziali. Tuttavia, secondo l’Agenzia delle entrate (Circolare n.6/E-2020 e circolare n. 11/E del 06/05/2020), la sospensione dell’art. 67 già determina, in virtù di un principio generale, lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 85 giorni), anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020, posizione che appare oggi confermata dalla lettura del comma 1 dell’art. 107, che esclude dal computo dei termini di decadenza il periodo di sospensione del citato art. 67, comma 1. Ciò comporterebbe che la scadenza del termine di decadenza degli avvisi di accertamento dei tributi locali si sposta dal 31 dicembre al 25 marzo dell’anno successivo. In tale ipotesi, ad esempio, gli avvisi Imu, Tasi e Tari dell’anno 2015 (omesso versamento) non scadrebbero il 31/12/2020 ma a marzo 2021. L’applicazione ai tributi locali La disposizione pone una serie di problemi. In primo luogo, occorre comprendere se la norma sia applicabile anche ai tributi locali. La stessa, richiamando in modo generico agli avvisi di accertamento, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, sembra includere anche gli avvisi di accertamento dei tributi locali (commi 161-162 dell’art. 1 della L. 296/2006) ed i contestuali atti di irrogazione delle sanzioni (art. 17, Dlgs 472/1997). Tuttavia, il riferimento contenuto nel comma 5 dell’art. 157 all’Agenzia delle entrate e ancora di più il rinvio contenuto nel comma 6 ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per l’individuazione delle modalità di applicazione del citato articolo, sembrano far ritenere che la norma riguardi solo la predetta Agenzia ed i suoi atti. Nella medesima direzione spingono il comma 4, che si riferisce agli interessi delle entrate erariali, ed il comma 7, che prevede minori entrate a carico dello Stato. Un altro elemento che a parere di alcuni poteva escludere gli atti degli enti locali dalla norma dell’art. 157, Dl 34/2020, potrebbe individuarsi nella disposizione dell’art. 68, Dl 18/2020, che sospende il termine di pagamento delle cartelle di pagamento, delle ingiunzioni fiscali e degli accertamenti esecutivi ex comma 798, Legge 160/2019, fino al 31/08/2020 dal 08/03/2020. Norma che, a differenza dell’art. 67 del medesimo Dl 18/2020, richiama l’applicazione dell’intero art. 12, Dlgs 159/2015 e, quindi, anche del comma 2 della stessa disposizione, che allunga di 2 anni i termini di decadenza degli avvisi di accertamento in scadenza nell’anno di termine della sospensione degli adempimenti per i contribuenti. Tuttavia tale tesi non convince, perché l’art. 68 si riferisce all’accertamento esecutivo degli enti locali nella sua veste di titolo esecutivo e non in quella di atto impositivo. Aspetti dal valutare In ogni caso, la genericità del comma 1 non può lasciare tranquilli e quindi vale la pena affrontarne i suoi potenziali effetti sugli enti locali, anche perché l’esclusione dal computo dei termini di decadenza del periodo di sospensione di cui all’art. 67, comma 1, del D.L. 18/2020, non permetterebbe comunque di sottrarre gli avvisi di accertamento degli enti locali all’applicazione della norma del decreto “rilancio”. Occorre capire quali siano gli atti potenzialmente coinvolti. Ammettendo l’applicazione ai tributi comunali, nel caso dell’Imu, della Tasi e della Tari, tanto per considerare i principali tributi comunali, si tratterebbe degli avvisi di accertamento il cui termine di notificazione (fissato dal comma 161 dell’art. 1 della L. 296/2006 al 31/12 del 5° anno successivo a quello in cui il versamento o la dichiarazione sono stati o avrebbero dovuto effettuarsi) scade il 31/12/2020 (senza considerare la sospensione dell’art.67). In particolare delle annualità 2014 (omessa o infedele dichiarazione) e 2015 (omesso/insufficiente/tardivo versamento del tributo). In merito agli effetti della disposizione, l’intervento del decreto “rilancio” prevede che l’ente impositore si debba limitare ad “emettere” l’avviso di accertamento entro l’anno ed a notificarlo nel 2021. Quale sia il momento di emissione dell’avviso di accertamento è stato chiarito dal Ministero dell’economia e delle finanze nella risposta ad un quesito durante il seminario “Telefisco 2020”, allorquando ha ritenuto che l’atto sia emesso quando è firmato dal soggetto legittimato e protocollato (sentenza n. 27415/2019 Cassazione). Il problema è capire come possa comprovarsi all’esterno tale circostanza. Mentre per gli atti dell’Agenzia delle entrate il comma 5 della disposizione citata chiarisce che l’elaborazione o l’emissione degli atti o delle comunicazioni è provata anche dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’Agenzia delle entrate, compresi i sistemi di gestione documentale dell’Agenzia medesima (secondo criteri che un apposito provvedimento chiarirà), occorre che siano specificati quali siano i mezzi di prova che potrebbe fornire l’ente locale (es. la protocollazione, la memorizzazione nelle procedure informatiche, oppure nel caso di avvisi digitali la marca temporale connessa alla firma digitale, ecc.). Si tratta di un elemento importante che potrebbe essere foriero di un vasto contenzioso. Non si può non sottolineare come la norma possa avere anche effetti paradossali, non vietando la notifica di atti i cui termini di decadenza non scadono nel 2020 e quindi consentendo, ad esempio di notificare gli avvisi di accertamento dell’anno 2016, ma non quelli del 2015. Effetti sul bilancio Tuttavia la soluzione normativa, emissione degli avvisi entro l’anno, notifica l’anno successivo, qualora applicabile ai tributi comunali, seppure di evidente ausilio per i contribuenti, rischierebbe di creare seri problemi ai bilanci dei comuni per l’anno 2020. Come è noto infatti, il Principio contabile n. 4/2, al punto 3.7.1, stabilisce che le entrate tributarie gestite attraverso ruoli ordinari e le liste di carico sono accertate e imputate contabilmente all’esercizio in cui sono emessi il ruolo, l’avviso di liquidazione e di accertamento e le liste di carico, a condizione che la scadenza per la riscossione del tributo sia prevista entro i termini dell’approvazione del rendiconto. Il successivo punto 3.7.6 ribadisce che le entrate derivanti dal recupero dell’evasione effettuata mediante la notifica di avvisi di liquidazione o accertamento, sono accertate sulla base dei documenti formali emessi dall’ente e imputati all’esercizio in cui l’obbligazione scade. La Commissione Arconet, nel verbale della riunione del 01/06/2016, aveva evidenziato che per gli avvisi di accertamento l’esigibilità decorre dalla data della loro notifica, in analogia a quanto avviene per le sanzioni per le violazioni di norme del codice della strada. La norma del decreto “rilancio”, che separa l’annualità di emissione degli avvisi dalla notifica, comporta che gli enti non possono imputare le relative entrate all’anno 2020, con evidente pericolo per la tenuta degli equilibri di bilancio, già compromessi dalle minori entrate causate dall’emergenza sanitaria. Se quindi la novella consente di rispettare sotto il profilo tributario il termine di decadenza, evitando la perdita del credito, dall’altro lato non contempla le esigenze di bilancio. Conclusioni In conclusione, seppure diversi elementi fanno propendere per la non applicabilità ai tributi locali della norma dell’art. 157, comma 1, Dl 34/2020, il generico riferimento agli “avvisi di accertamento” contenuto nel comma citato potrebbe indurre ad includere anche gli avvisi degli enti locali, con il rischio in questo caso di pesanti conseguenze sugli equilibri di bilancio per l’impossibilità di imputare l’accertamento dell’entrata al 2020, in mancanza della notifica nell’anno dell’avviso di accertamento. La delicatezza della questione per le amministrazioni comunali, alle prese con l’analisi degli effetti sugli equilibri dei bilanci dell’emergenza COVID-19, richiede con urgenza un chiarimento ufficiale in merito all’esclusione degli atti dei tributi locali, oppure, in caso contrario, un intervento normativo che adegui, nella peculiarità della situazione, il principio contabile, ammettendo la possibilità di accertare ed imputare al 2020 anche gli avvisi di accertamento solamente emessi. Scelta che salva i bilanci, ma crea tensioni sulla cassa che, per la verità, rischiano di verificarsi comunque almeno per quanto attiene agli incassi dal recupero dell’evasione.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.


https://www.bilancioecontabilita.it