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Lettera di patronage sottoscritta dal Sindaco e riflessi finanziari

La posizione di criticità rilevata da un Comune concerne il rilascio, a dire della propria società interamente partecipata in liquidazione, di una lettera di patronage a firma del Sindaco, ma mai prodotta.

La posizione di criticità rilevata da un Comune concerne il rilascio, a dire della propria società interamente partecipata in liquidazione, di una lettera di patronage a firma del Sindaco, ma mai prodotta. Quali siano le obbligazioni in presenza di detta lettera di patronage e come la stessa andrebbe contabilizzata, se dovesse essere prodotta, in considerazione della consistenza di crediti vantati da soggetti terzi di gran lunga maggiori della quota di capitale versata dall’ente locale. Il Collegio contabile piemontese (deliberazione n.36/2020) fornisce al Comune una linea di intervento in sede contabile al fine di mitigare l’effetto di una eventuale escussione da parte dei creditori.

La sottoscrizione del Sindaco

Per il Collegio contabile da un alto vi è la posizione del Comune che intenderebbe dichiarare la nullità della lettera di patronage, in quanto rilasciata da un organo incompetenze, il Sindaco che avrebbe in tal modo impegnato l’ente locale senza far emergere il proprio indebitamento e, per giunta, in assenza dell’autorizzazione da parte del Consiglio comunale. Pur non potendo intervenire in una materia, quella della dichiarazione di nullità contrattuale avanzata dal Comune richiedente, il Collegio contabile osserva come la lettera di patronage, sia “debole” che “forte” e quand’anche sottoscritta da organo funzionalmente non competente, potrebbe talora anche ritenersi idonea a far sorgere legittimo affidamento, presso il creditore destinatario, in ordine al buon esito dell’operazione di finanziamento; elemento -questo- rilevante quale possibile fonte di responsabilità, quanto meno precontrattuale ex artt. 1336 e 1337 c.c. (Cass. civ. sez. I, sent. n. 10235 del 27/09/1995), e quindi foriero di effetti sul bilancio dell’Ente.

Sul punto va, tuttavia, osservato che di recente le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n.8770/2020) hanno per la prima volta affrontato la questione di competenza all’indebitamento (il caso ha riguardato la sottoscrizione di contratti di derivati a copertura della variazione dei tassi di interesse). In tale cornice il giudice di legittimità ha ricordato come l’articolo 42, comma 2, lett. i), del TUEL stabilisce che «Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: (…) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo». L’importanza del coinvolgimento dell’Organo consiliare, secondo i giudici di Piazza Cavour, è dato dalla necessità di assicurare il coinvolgimento degli schieramenti assembleari di minoranza, i quali sono chiamati ad esercitare un controllo sull’operazione finanziaria (che nel caso di specie potrebbe riguardare le garanzie rilasciate alla società in house aventi impatto di sicuro indebitamento, la cui normale sede di approvazione non potrebbe non essere che il Consiglio Comunale. In altri termini, il Consiglio deve essere messo in grado di valutare convenienza di operazioni che porranno vincoli all’utilizzo di risorse future, precisando che l’attività negoziale dell’ente territoriale deve avvenire secondo le regole della contabilità pubblica che disciplinano lo svolgimento dei compiti propri dell’ente che utilizza risorse della collettività. Tanto è stato sufficiente per far dichiarare la nullità del contratto sottoscritto da organo incompetente (nel caso di specie la giunta comunale).

La contabilizzazione della lettera di patronage

Alla tesi del Comune secondo la nullità della sottoscrizione della lettera di patronage sottoscritta dal Sindaco comporterebbe per l’ente locale di non procedere “ad accantonare somme per la liquidazione della società confinando, nel proprio consuntivo, il rischio perdita alla sola quota capitale detenuta. In alternativa sarebbe necessario valutare il rischio potenziale del processo di liquidazione quale nuovo indebitamento dell’ente”, si contrappone la tesi del Collegio contabile. Secondo quest’ultimo, infatti, con riguardo alle garanzie tipiche e atipiche a carico degli enti pubblici, la norma di riferimento è dettata dal principio contabile applicato della contabilità finanziaria, punto 5.5 dell’Allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, che testualmente dispone: “il trattamento delle garanzie fornite dall’ente sulle passività emesse da terzi è il seguente: al momento della concessione della garanzia, in contabilità finanziaria non si effettua alcuna contabilizzazione”, giacché il debito di cui trattasi è solo eventuale, e discende unicamente dall’ipotesi in cui la società partecipata -debitrice principale- risulti inadempiente o insolvente. La norma poi aggiunge: “nel rispetto del principio della prudenza, si ritiene opportuno che, nell’esercizio in cui è concessa la garanzia, l’ente effettui un accantonamento tra le spese correnti tra i “Fondi di riserva e altri accantonamenti”. Tale accantonamento consente di destinare una quota del risultato di amministrazione a copertura dell’eventuale onere a carico dell’ente in caso di escussione del debito garantito” (indicazione fornita anche da SRC Trento nella delibera n. 4/2020, in un caso di controllo sulla gestione di un ente locale). La violazione del suesposto principio contabile è idonea a compromettere la veridicità e attendibilità del bilancio, come già sul punto evidenziato in un caso analogo da SRC EMILIA 89/2016/PRSP.

In difetto di tale accantonamento integrale, l’esistenza di una garanzia debitoria comporterà l’obbligo di computare gli oneri per interessi, assunti con la menzionata lettera di patronage, in relazione al limite stabilito dall’art. 204 TUEL (un decimo delle entrate relative ai primi tre titoli di entrata del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione di nuovo debito), come evidenziato da SRC PUGLIA 89/2017/PRSP. In altri termini, l’esclusione, dal calcolo dei limiti di indebitamento, della quota interessi relativa alle garanzie prestate dagli enti territoriali, è consentita, nel rispetto dell’art. 204 TUEL, soltanto nelle ipotesi dell’accantonamento dell’intero importo del debito garantito a “fondo rischi e passività potenziali”, vincolando così una pari quota dell’avanzo di amministrazione e predisponendo l’Ente a sopperire, in maniera tempestiva, in caso di riconoscimento (transattivo o giudiziale) dell’altrui pretesa; va altresì evidenziato che, in caso di chiusura mediante transazione ex art. 1965 c.c., con riconoscimento ai creditori di un importo inferiore a quello inizialmente preteso, in ragione degli esiti incerti di un giudizio, le somme accantonate in eccedenza rispetto a quelle liquidate potranno così essere celermente liberate e costituire future economie di bilancio.

Il Collegio contabile, in ogni caso conclude, evidenziando come l’opzione contabile, ex punto 5.5 dell’Allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, non implica, nei confronti dei terzi, un riconoscimento della fondatezza della loro pretesa.


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