MAGGIOLI EDITORE - Bilancio e contabilità


Lo Stato fa debiti? Gli enti pure

di Francesco Cerisano

La proposta della viceministra Castelli dopo l’allarme lanciato da Sala e Raggi
I sindaci chiedono risorse. Rispunta l’idea dell’accollo Mef
Tre opzioni per risolvere la crisi fi nanziaria dei comuni. Più indebitamento, da realizzare consentendo l’accensione di prestiti per finanziare anche la spesa corrente (e non solo gli investimenti) ovvero attingendo agli accantonamenti del Fondo crediti di dubbia esigibilità. Più soldi subito, rimpinguando il Fondo di 3 miliardi di euro stanziato dal decreto Rilancio (dl n. 34/2020) e già rivelatosi palesemente insufficiente a ristorare i comuni delle perdite di gettito su tasse locali, parcheggi, multe, tariffe, addizionali ecc. Nel mezzo una terza via: insistere sulla rinegoziazione del debito locale, ossia la maxi operazione da 37 miliardi di euro prevista dal decreto Milleproroghe (art. 39, dl 162/2019) e strozzata sul nascere dallo scoppio della pandemia da Coronavirus. Un’operazione che avrebbe portato il Mef ad accollarsi i prestiti sottoscritti dai comuni alla data del 30 giugno 2019, con scadenza successiva al 31 dicembre 2024 e con un debito residuo superiore a 50 mila euro. I dettagli tecnici sarebbero dovuti arrivare entro fine marzo con un decreto di via XX Settembre ma l’emergenza Covid ha congelato tutto. Ora però, dopo il grido di allarme lanciato dai sindaci di Milano e Roma, Beppe Sala e Virginia Raggi, il dossier, per il momento accantonato, potrebbe tornare in auge. E la conferma è arrivata dalla viceministra all’economia, Laura Castelli, che a quel dossier ha lavorato prima della pandemia. Sala (che lamenta 500 milioni di perdite in bilancio, includendo anche i mancati dividendi dalle partecipate) ha recapitato all’esecutivo un messaggio chiaro soprattutto dopo la pubblicazione in G.U. del decreto Rilancio, finanziato in larga parte con il ricorso all’indebitamento (si veda l’art. 265). «Perché il governo si può indebitare e una città come Milano no? Il governo parte da una situazione debitoria gravissima, noi come comune in questi anni abbiamo ridotto il debito e abbiamo partecipazioni, immobili da vendere. Qualcuno mi spieghi perché un Paese già indebitato come l’Italia si può indebitare e non può farlo una città solida come Milano», si era chiesto il numero uno di palazzo Marino. Dalla viceministra Castelli non è arrivato un segnale di chiusura. Anzi. «Il sindaco Sala ha colto nel segno, mi auguro che da parte di tutto il governo si voglia supportare la fase attuativa della norma per l’accollo del debito degli enti locali, che ho fortemente sostenuto in occasione del Decreto Milleproroghe, punto fi nale di un’azione politica iniziata già in occasione dell’accollo del debito di Roma Capitale», ha osservato. «Consentendo la ristrutturazione dei debiti già esistenti, con l’intervento da parte dello Stato, si potranno liberare risorse e capacità fi nanziare necessarie per superare ancora di più la crisi». Il problema però è legato ai tempi. I benefici effetti di una rinegoziazione del debito locale non sarebbero così immediati sui bilanci, mentre i comuni hanno bisogno di risorse subito per continuare a garantire i servizi ai cittadini. Ed evitare, come più volte paventato dal presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, che qualche primo cittadino si trovi costretto a lasciare i rifiuti per strada o a fermare gli autobus. L’Anci ha sempre ritenuto insufficiente l’importo di tre miliardi stanziato dal governo nel Fondo istituito dal dl Rilancio, quantificando le perdite comunali tra i 5 e gli 8 miliardi di euro.A cui vanno ad aggiungersi anche i 400 milioni di esenzioni Tari che l’Arera con una controversa delibera (presto oggetto di una azione collettiva di annullamento al Tar promossa dall’Anutel, si veda ItaliaOggi di ieri) ha chiesto ai comuni di applicare alle utenze commerciali rimaste improduttive durante il lockdown.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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