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Legittima la revoca del revisore dei conti che contravvenga ai principi di riservatezza dei dati ricevuti

Secondo i giudici amministrativi per giudicare legittima la revoca del revisore dei conti, ai sensi dell’art. 235 del Tuel, è sufficiente per quest’ultimo aver violato le regole sulla riservatezza.

Secondo i giudici amministrativi abruzzesi (TAR Abruzzo sentenza n.89/2020) per giudicare legittima la revoca del revisore dei conti, ai sensi dell’art. 235, comma 2, del Tuel, è sufficiente per quest’ultimo aver violato le regole sulla riservatezza. La norma sulla tutela dei revisori, infatti, fa generico riferimento alla inadempienza dei propri doveri e poi contiene una specificazione tipizzata con riferimento alla proposta di rendiconto, sicché quest’ultima ipotesi si aggiunge alla inadempienza atipica e non è l’unica a consentire la revoca. Nel caso di specie, infatti, il revisore ha violato l’art.240 del Tuel, il cui secondo periodo prevede che i revisori “Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio”.

Il caso

Dopo che il Consiglio comunale ha disposto la revoca del revisore dei conti, per una serie di adempienze, quest’ultimo le ha confutate davanti al TAR. Prive di pregio, sarebbero a suo dire, il parere non favorevole fornito al contratto integrativo decentrato, essendo lo stesso non aggiornato alla normativa sopravvenuta. In modo identico anche il parere non favorevole reso sulla proposta del DUP discendeva dall’assenza dei requisiti previsti dall’articolo 170 TULPS. Infine, nessuna violazione della privacy sarebbe stata da lui effettuata, in quanto il controllo dei cartellini delle presenze dei dipendenti era dipeso da una verifica di alcune difformità tra le buste paga e i cartellini timbrati dal personale, e nel fare ciò (comunicando altresì l’esito del controllo al responsabile del personale) non avrebbe violato alcuna la privacy dei soggetti coinvolti, rientrando nei poteri del revisore di conti accedere a tutti gli atti del Comune. Il revisore ha rilevato, a sostegno della propria tesi, come il Consiglio comunale avrebbe potuto revocarlo solo in presenza di inadempienza «ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’articolo 239, comma 1, lettera d)».

Il rigetto

Per i giudici amministrativi abruzzesi le proteste del revisore non possono essere meritevoli di accoglimento.

In primo luogo perché la norma parla di inadempienza in modo generico, riferendosi ai doveri propri del revisore. In secondo luogo in quanto, in presenza di un provvedimento con diverse motivazioni a sostegno, è sufficiente una sola delle ragioni esposte a precluderne l’annullamento in sede giurisdizionale (tra le tante Tar Lazio sentenza 12733/2019).

Nel caso di specie sussiste la violazione dell’articolo 240 Tuel, il cui secondo periodo prevede che i revisori “Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio”. L’Amministrazione ha, infatti, dimostrato che il ricorrente ha inviato la relazione sulle presenze del personale, contenente anche riferimenti alle presenze e assenze, anche per malattia, presso la PEC istituzionale dell’ente, accessibile a tutti i dipendenti. E’ stato, pertanto, violato il dovere di riservatezza, in quanto i dati relativi agli orari di lavoro, permessi e assenze per malattia (anche se epurati della descrizione del tipo di malattia) sono sottratti all’accesso civico generalizzato e come tali non sono pubblici ma riservati e la loro conoscenza indiscriminata è idonea a recare astrattamente un pregiudizio agli interessati, ad esempio nella vita lavorativa, sociale e di relazione.  Non è stato, inoltre, considerato sufficiente l’oscuramento dei dati dei nominativi lasciando visibile solo il numero di matricola (che in ogni caso non neutralizza del tutto il pericolo di individuazione dei titolari di tali dati), riducendo così, secondo il revisore dei conti, il pericolo di danno per i singoli. Ma per il TAR, ciò non toglie, nel rapporto con l’Amministrazione, il disvalore della divulgazione generalizzata di dati che il revisore non poteva rendere pubblici, violando in tal modo il dovere di riservatezza che gli impone il succitato articolo 240 Tuel.

Infine, per i giudici amministrativi di primo grado, non rileva l’eccezione avanzata dal revisore dell’avvio del procedimento di revoca che non gli è stato comunicato ai sensi dell’art.7 della legge n.241/90, atteso che in ogni caso il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso.

Scarica la sentenza 89/2020 TAR Abruzzo


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