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Al Comune di Roma cresce il debito

I conti di Roma Capitale continuano a essere puntellati su entrate straordinarie dirottate sulla parte corrente, anche quando esistono solo sulla carta. La separazione dalla gestione commissariale chiamata a smaltire il maxi-debito arretrato, prevista dal 2008, è lontana dal traguardo, e la cronica carenza di liquidità ha succhiato risorse.
A fare il resto sono state le partecipate, che solo nel 2010 hanno chiesto anticipazioni per quasi mezzo miliardo: l’Atac, per esempio, è arrivata ad azzerare con le proprie perdite l’intero capitale sociale, imponendo al Campidoglio un ripiano che, per oltre 290 milioni, è stato effettuato con trasferimento di asset patrimoniali, perché di risorse liquide non ce n’erano.
Chiude il quadro la “guerra tra poveri” con la Regione Lazio, che nei confronti del Comune ha un debito di più di 750 milioni (in parte anticipati da una società regionale) ma non ha le risorse per onorarlo.
A raccontare il thriller continuo dei bilanci capitolini è la Corte dei conti regionale del Lazio, che nella delibera 22/2012 punta dritto al cuore della questione: a più di tre anni dalle prime norme nazionali di “salvataggio” del Campidoglio, il bilancio ordinario continua a soffrire «di una situazione di grave difficoltà», e quello straordinario alle prese con il debito arretrato non pare «aver avviato a soluzione le complesse problematiche» che lo caratterizzano. Dalle 33 pagine della relazione emerge l’immagine di un bilancio sempre sul filo del rasoio, che chiama a raccolta ogni entrata “extra” per stare in piedi. Anche quando le entrate devono ancora arrivare: è il caso delle multe, che solo nel 12% dei casi vengono incassate in via ordinaria mentre il resto va ad alimentare la querelle con Equitalia sulla riscossione coattiva.


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