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Autonomie strette tra minori funzioni e la soppressione

Fonte: Il Sole 24 Ore

A questo punto il destino delle province è segnato, stretto tra l’ipotesi estrema di una loro cancellazione – così come vogliono diversi disegni di legge all’esame del Parlamento – un taglio selettivo (secondo le ipotesi allo studio del Governo) o la riorganizzazione per farne “dipendenze” dei comuni, come ha imposto il decreto legge salva-Italia.

Sta di fatto che dopo essere state, a partire dall’estate scorsa, al centro del dibattito sulla riduzione dei costi della politica, ora ad averle messe nel mirino è il meccanismo della spending review. E già nel decreto legge che sarà varato in settimana, con il quale il Governo si propone di risparmiare tra i 5 e i sei miliardi di euro, ci potrebbe essere una prima parte che ridisegna confini e competenze delle amministrazioni provinciali. .

Si tratta ora di capire quale metodo scegliere: puntare su quello disegnato dal salva-Italia o rivitalizzare le ipotesi già circolate nelle scorse settimane di un taglio mirato, basato su determinati parametri. La strada meno percorribile sembra, al momento, quella della completa soppressione delle province, perorata da alcune proposte parlamentari. Di fondo c’è, infatti, che una riforma del genere ha tempi lunghi, perché intacca la Costituzione, e non sembra compatibile con la durata dell’attuale legislatura, considerati anche i fragili equilibri della maggioranza. A relegarla in un angolo c’è anche l’esperienza della Sardegna, che a primavera con un referendum ne ha cancellate quattro, ma di fatto per il momento è tutto sospeso..

In campo restano, dunque le altre due ipotesi. A uno stadio più avanzato è la geografia provinciale disegnata dal salva-Italia. Secondo il decreto legge di fine anno, le province dovrebbero limitarsi a esercitare solo le funzioni di attività e coordinamento dei comuni che ricadono nel loro ambito. .

Competenze, dunque, assai ridimensionate, alle quali corrisponde un nuovo sistema di elezione dei parlamentini provinciali disegnato dal Governo e che ora è all’esame della Camera. I futuri rappresentati provinciali, infatti, dovranno essere eletti solo fra i sindaci e i consiglieri dei comuni che ricadono nel territorio della provincia. Politici, dunque, con la doppia poltrona: quella comunale e quella provinciale. L’assetto configurato dal salva-Italia ha tempi stretti: entro fine anno dovranno essere pronte le nuove regole elettorali e il tasferimento ai comuni o alle regioni delle attuali competenze delle province, così da poter votare le nuove amministrazioni provinciali a partire dalla prossima primavera. .

Finora, infatti, i consigli provinciali scaduti non sono andati al rinnovo e sono retti da un commissario. Si tratta di otto realtà: Ancona, Belluno, Caltanissetta, Como, Genova, La Spezia, Ragusa e Vicenza. La nuova geografia provinciale del salva-Italia ha, però, da fare i conti anche con un ricorso pendente alla Corte costituzionale, che ha già fissato l’udienza per il prossimo 6 novembre..

L’altra ipotesi è quella allo studio del ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, i cui tecnici stanno valutando un taglio delle amministrazioni provinciali basato su alcuni parametri: popolazione, superficie del territorio provinciale e numero di comuni che insistono sull’area. Sul punto esiste anche una proposta dell’Upi, che sostiene un ridimensionamento dei consigli provinciali accompagnato dall’istituzione di dieci città metropolitane. Un pacchetto di misure che porterebbe risparmi, secondo l’Upi, per cinque miliardi di euro.


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