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Ad istanza del fornitore l’ente è obbligato a concludere il procedimento del debito fuori bilancio

Il caso riguarda il silenzio inadempimento di un ente locale che non ha proceduto al formale riconoscimento del debito fuori bilancio nonostante a ciò fosse sollecitato dal fornitore alla conclusione del procedimento davanti al Consiglio comunale.

Il caso riguarda il silenzio inadempimento di un ente locale che non ha proceduto al formale riconoscimento del debito fuori bilancio nonostante a ciò fosse sollecitato dal fornitore alla conclusione del procedimento davanti al Consiglio comunale. Il TAR del Lazio (sentenza n. 2175/2020) ha, pertanto, dichiarato illegittimo il silenzio del Comune sull’istanza presentata dal fornitore con condanna del Comune a emettere e comunicare il provvedimento conclusivo del procedimento entro il termine di sessanta giorni, oltre al pagamento delle spese legali.

La vicenda

La Giunta Comunale aderiva alla richiesta di una Associazione per la realizzazione di un progetto che veniva correttamente concluso. In mancanza del pagamento l’Associazione formulava precisa istanza la Comune di procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio, portando all’attenzione del Consiglio comunale il debito contratto dall’ente al fine di accettarne l’utilità ricevuta.

Il Comune ha contestato l’obbligo di proporre al Consiglio comunale il riconoscimento del debito il quale non potrebbe che essere di rigetto risultando per tale verso antieconomico obbligare l’amministrazione a provvedere sull’istanza per rigettarla. Precisa a tal fine il Comune, come fra la ricorrente e l’amministrazione non sussiste alcun valido contratto con oggetto le prestazioni sommariamente dedotte nel ricorso. Sempre il Comune contesta che alcuna delle attività di cui alla deliberazione di giunta sia stata effettivamente posta in essere dall’Associazione e che, ad ogni buon conto, questa abbia prodotto o possa produrre utilità.

Le indicazioni del Collegio amministrativo

Secondo i giudici amministrativi di primo grado la tesi del Comune risulta smentita dalla normativa di riferimento, costituita dal D.Lgs. 18/08/2000 n. 267, il cui art. 194, relativo proprio al “riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio”, alla lett. d) del comma 1 prevede che “gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti”, tra l’altro, da “acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”. E il citato art. 191, dettante “regole per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione di spese”, dispone che “gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5”.

In merito all’affermazione che fra la ricorrente e l’amministrazione non sussiste alcun valido contratto, e che tale circostanza osterebbe al riconoscimento del debito, è infondata, perché, anche se è vero che il riconoscimento del debito fuori bilancio non costituisce fattispecie idonea a produrre i medesimi effetti negoziali della fattispecie legale – costituita dalla delibera di conferimento dell’incarico, dalla stipulazione del contratto di incarico professionale in forma scritta con il privato e dal relativo impegno contabile, portato a conoscenza del privato stesso (che è atto vincolativo delle somme occorrenti per una data spesa, da non confondersi con il concetto più ampio e generale dell’impegno di spesa) – è anche vero però che tale riconoscimento può poi permettere di esercitare un’azione di indebito arricchimento, nei limiti del riconoscimento della utilità della prestazione e dell’arricchimento per il Comune, che non resta quindi obbligato per la parte di compenso non riconoscibile, dovendo di questa rispondere direttamente chi ha consentito la fornitura (cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. I, 27/03/2008 n. 7966).

Sull’obbligo di concludere il procedimento del riconoscimento di un debito fuori bilancio, a dire del Collegio amministrativo, è proprio l’art.194 del Tuel il quale precisa che gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio “con deliberazione consiliare”, per cui non è sufficiente a far venire meno il lamentato silenzio né una lettera del Segretario comunale e neppure la contestazione delle pretese della ricorrente operate nel presente giudizio. In altri termini, quello finalizzato al riconoscimento (comunque eventuale) del debito fuori bilancio costituisce un procedimento comunque dovuto, al quale l’Amministrazione non può sottrarsi attraverso una semplice comunicazione di un qualunque ufficio, essendo invece necessario un procedimento ad hoc, da concludersi con deliberazione consiliare, la cui proposta va formulata dal responsabile del servizio competente per materia che dovrà accertare l’eventuale, effettiva utilità che l’Ente ha tratto dalla prestazione altrui.

Nel caso in cui il procedimento viene dall’ente omesso deve ritenersi ammissibile e fondata l’azione avverso il silenzio (tra le tante Cons. St., sez. V, 04/08/2014 n. 4143; TAR Lazio, sez. II Bis, 21.12.2015 n. 14322).

Conclusioni

Il Collegio amministrativo, pertanto, ha accertato il silenzio serbato dal Comune sull’istanza presentata dalla ricorrente, volta in sostanza a ottenere l’avvio di un procedimento per il riconoscimento fuori bilancio – ex artt. 191 e 194 TUEL – del descritto debito.  Ne consegue che va fissato un termine di 60 giorni, decorrente dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, entro il quale il Comune è tenuto ad avviare e concludere il procedimento di cui sopra, al fine di riconoscere o meno – esercitando la discrezionalità di cui l’Ente gode nella materia de qua, con particolare riferimento alla “utilità” della prestazione per l’Ente – il descritto debito fuori bilancio.


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