MAGGIOLI EDITORE - Bilancio e contabilità


Il calcolo sbagliato del risultato di amministrazione può pregiudicare gli equilibri dell'ente

di Carmelo Battaglia e Domenico D’Agostino

Con la deliberazione n. 3/2020/PRSP, la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Molise, ha dettato importanti regole interpretative in materia di risultato di amministrazione. Il quesito In particolare, entrando nel merito della questione giuridica sottoposta, ha cominciato con l’analizzare il Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità, rispetto al quale alcuni vorrebbero l’applicazione dell’articolo 4, comma 2, del Dm 2 aprile 2015, in base al quale, in sede di approvazione del rendiconto 2016 e dei rendiconti degli esercizi successivi, fino al completo ripiano del maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, bisogna verificare se il risultato di amministrazione al 31 dicembre di ciascun anno risulti migliorato rispetto al disavanzo al 31 dicembre dell’esercizio precedente, per un importo pari o superiore rispetto all’ammontare di disavanzo applicato al bilancio di previsione cui il rendiconto si riferisce, aggiornato ai risultati del rendiconto dell’anno precedente. Se da tale confronto dovesse risultare che il disavanzo applicato non sia stato recuperato, la quota non recuperata nel corso dell’esercizio, o il maggiore disavanzo registrato rispetto al risultato di amministrazione dell’esercizio precedente, va interamente applicata al primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione, in aggiunta alla quota del recupero del maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario prevista per tale esercizio, in attuazione dell’art. 3, comma 16, Dlgs 118/2011. Le considerazioni della Corte La Corte, tuttavia, ha richiamato la necessità per gli Enti di prestare attenzione, quando si operano confronti fra esercizi, alla individuazione, esatta e conforme a legge, del tertium comparationis,ossia del metro di confronto e di paragone, al fine di non determinare correlazioni scorrette ed erronee, che darebbero vita a scelte gestionali sbagliate. Affinché si possa avere una corretta visione delle risultanze contabili di un esercizio, e dei loro effetti sugli esercizi successivi, è, peraltro, necessario ricostruire il risultato di amministrazione di quell’anno sulla base anche di un’esatta rappresentazione del Fondo anticipazione di liquidità. La Corte ha, altresì, lanciato moniti precisi, invitando ad evitare, a prescindere dalle situazioni contigenti (come l’avvicendamento fra revisori, ecc.) di perpetuare pratiche non corrette, dalle quali emergano carenze, reiterate negli anni, tali da divenire endemiche, tanto da doverne ammettere la sistemicità e l’assenza di possibili giustificazioni. Gli inviti della Corte sono, chiaramente, diretti ad attenzionare i punti critici ricorrenti nelle gestioni finanziarie: errato calcolo del F.C.D.E.; ritardata approvazione del rendiconto; indicatore di tempestività dei pagamenti; incoerenza di dati; saldo di parte corrente negativo; bassa capacità di riscossione; fondo spese e rischi futuri; accensione di nuovi prestiti. In caso di controllo da parte della giustizia contabile su tutti i punti sopra elencati, l’ente dovrà riferire, in merito, in maniera chiara ed esaustiva, astenendosi dall’addurre scusanti più o meno fondate. Ha concluso, quindi, la Corte evidenziando come l’erronea determinazione del risultato di amministrazione costituisca un’irregolarità suscettibile di pregiudicare, in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari dell’Ente.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.


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