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Corte conti lombardia: il contratto di disponibilita' fuori dal patto

Fonte: Italia oggi

Non rientra nel Patto di stabilità la spesa dell’ente locale sostenuta come corrispettivo di un contratto di disponibilità relativo ad un’opera privata destinata ad un pubblico servizio, a condizione che il privato assuma il rischio di costruzione e quello di disponibilità o di domanda; se nel contratto si prevede un prezzo per il trasferimento della proprietà dell’immobile, la spesa deve essere invece essere classificata come spesa per investimento e determina un indebitamento per l’ente locale.
E’ quanto afferma la Corte dei conti, sezione regionale della Lombardia con l’articolata delibera del 23 ottobre 2012 n. 439 che prende in esame alcuni profili inerenti l’impatto sulla disciplina contabile degli enti locali derivante dalla stipula di un contratto di disponibilità con il quale (articolo 160-ter del Codice dei contratti pubblici) si affida, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. La norma del Codice prevede che al privato sono corrisposti: un canone di disponibilità e, eventualmente, un contributo in corso d’opera, e/o un prezzo di trasferimento della proprietà del bene immobile.
Rispetto a questi elementi una amministrazione provinciale ha posto alla magistratura contabile due quesiti: se la stipula del contratto di disponibilità incida sulla capacità dell’ente locale di indebitarsi ai sensi dell’articolo 204 del testo unico sugli enti locali e se i canoni di disponibilità ai fini del calcolo per il rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità interno devono essere imputati alla spesa corrente o alla spesa per investimenti.
Per decidere se la spesa inerente l’infrastruttura realizzata in esecuzione del contratti di disponibilità possa essere considerata fuori dal bilancio dell’ente (off balance) la Corte richiama le decisioni Eurostat (in particolare quella dell’11 febbraio 2004 e gli aggiornamenti del 2010) e precisa che i beni oggetto di operazioni di Partenariato pubblico privato (Ppp), quale è quella inerente la stipula di un contratto di disponibilità, non devono essere registrati nei conti delle p.a., ai fini del calcolo dell’indebitamento netto e del debito, solo se c’è un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata (e ciò avviene nel caso in cui il soggetto privato assume il rischio di costruzione e almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda (connesso alla variabilità della domanda indipendentemente dalla qualità del servizio prestato).
La Corte dei conti sottolinea in particolare che, nel silenzio dell’art. 160 ter del Codice (che non indica i parametri alla stregua dei quali dovrebbe essere quantificato il canone di disponibilità), occorre «accertare che in concreto l’entità del canone non sia tale da coprire anche i costi del finanziamento».
Anche in sede di contabilizzazione (e, quindi, nel rispondere al secondo quesito posto) la Corte dei conti richiama l’esigenza di verificare se dalla stipula del contratto derivi per il privato l’assunzione di almeno due dei tre rischi citati nella decisione Eurostat. Pertanto esclusivamente nell’ipotesi in cui, applicando rigorosamente il criterio del riparto dei rischi tra soggetto pubblico e privato come evidenziato da Eurostat, il contratto di disponibilità non costituirà in concreto una forma di indebitamento e sarà possibile non iscrivere in bilancio il canone di disponibilità quale spesa di investimento. Diversamente, laddove in capo all’amministrazione sia prevista la facoltà di riscatto occorrerà calcolarlo come spesa per investimento in quanto forma di indebitamento.


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