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Il Fondo crediti con metodo semplificato non bilancia i crediti vetusti

Fino al conto consuntivo 2018 gli enti locali potevano beneficiare del calcolo semplificato del Fondo crediti di dubbia esigibilità.

Fino al conto consuntivo 2018 gli enti locali potevano beneficiare del calcolo semplificato del Fondo crediti di dubbia esigibilità, secondo il quale, l’ente locale accantona nel rendiconto un fondo di importo non inferiore a quello risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, sommato all’importo stanziato a tale titolo a bilancio, sottratto delle poste relative ai residui attivi stralciati dal conto del bilancio. Da tenere presente, tuttavia, che il principio contabile della gestione finanziaria di cui all’Allegato 4/2 al Dlgs 118/2011, aveva avvisato gli enti che «l’adozione di tale facoltà è effettuata tenendo conto della situazione finanziaria complessiva dell’ente e del rischio di rinviare oneri all’esercizio 2019». Proprio con riferimento a tale calcolo in presenza di consistenti crediti ancora da riscuotere di un Comune, la Corte dei conti del Veneto, con la deliberazione n.248 del 10 settembre 2019 ha evidenziato specifiche criticità di un ente locale.

Elevata consistenza di residui attivi

Dall’esame dei conti consuntivi sono emerse delle criticità e, in particolare, quella relativa al mantenimento di una cospicua massa di residui attivi vetusti correnti dei titoli I e III; in particolare il mantenimento di residui attivi correnti provenienti da esercizi anteriori al 2015. A fronte del rilievo, il responsabile finanziario dell’ente locale ha evidenziato che l’ente aveva intrapreso specifiche azioni al fine dell’incasso dei residui attivi, mentre in merito all’evasione tributaria sono incorso specifiche procedure di recupero coattivo.

Sul punto il Collegio contabile ha rilevato che lo stock di residui attivi correnti di finanza propria mantenuto a valle dell’adozione del riaccertamento straordinario risulta eccessivamente elevato considerata la performance della riscossione e chiaramente determinato dall’inadeguatezza dell’operazione di stralcio/svalutazione, richiesta dal riaccertamento straordinario. Nel merito si evidenzia come la Consulta (sentenza n.6/2017) abbia stigmatizzato che la fisiologia del rapporto tra transazioni attive e passive di un ente territoriale è nel senso di una sostanziale compensazione delle relative diacronie nel corso di un intero anno finanziario, ed uno sbilanciamento delle dimensioni descritte del primo bilancio di previsione successivo al riaccertamento straordinario è quasi sempre eziologicamente collegato all’incapacità mostrata in passato dall’ente territoriale nella riscossione delle proprie entrate. In altri termini, per il Collegio contabile al fine di evitare tale sbilanciamento è richiesto agli enti locali di effettuare azioni energiche al fine di eliminare le anzidette diacronie e ricondurre nell’alveo di una ordinata gestione la gestione dei flussi di entrata e uscita.

Il mancato bilanciamento del FCDE

Dal controllo dei dati consuntivi è, inoltre, emerso che l’ente locale si è avvalso della facoltà del calcolo del Fondo crediti di dubbia esigibilità con il metodo semplificato, utilizzando anche per i bilancio di previsioni un abbattimento disposto dal legislatore nel periodo a partire dal 2015 fino ad oggi, anche se progressivo. Tali procedure pur se consentite dalla normativa vigente non appaiono rispettose dei principi contabili, in quanto non correlato all’effettivo grado di riscossione delle entrate connaturate da un insito rischio di riscossione, comportando un accantonamento a rendiconto, calcolato col metodo semplificato, potenzialmente sottostimato, anche a causa della criticità relativa all’accumulo di residui attivi ed alla presenza di consistenti residui vetusti.

Secondo il Collegio contabile, l’accantonamento a FCDE ha la precipua finalità di evitare che spese esigibili siano finanziate da entrate di dubbia esigibilità. Sono infatti accertate per l’intero importo del credito anche le entrate di dubbia e difficile esazione, per le quali non è certa la riscossione integrale, quali le sanzioni amministrative al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione, i proventi derivanti dalla lotta all’evasione, eccetera, ma per evitare che entrate di dubbia esigibilità possano finanziare spese esigibili, è stanziata un’apposita posta contabile, denominata “accantonamento al FCDE” (che non è oggetto di impegno e genera un’economia di bilancio), mentre, a consuntivo, una quota di risultato di amministrazione è accantonato al FCDE. Il FCDE rappresenta per tale ragione uno degli elementi maggiormente caratterizzanti il criterio della contabilità finanziaria, in quanto la corretta determinazione consente di rappresentare con veridicità la consistenza delle risorse finanziarie effettivamente disponibili. Una reiterata sottostima dello stesso potrebbe dunque minare in prospettiva gli equilibri di bilancio, ove l’Ente si trovi a far fronte ad obbligazioni passive senza la necessaria copertura, derivante dal mancato incasso di obbligazioni attive ritenute erroneamente esigibili. Un FCDE sottostimato, in altri termini, genera dubbi circa l’effettività del risultato di amministrazione conseguito.

In conclusione, pur avendo l’ente rispettato i principi di contabilità vigenti ha di fatto sottostimato il FCDE rinviando i disequilibri negli anni successivi, stante l’incapacità di recuperare i propri crediti vetusti.


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