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Concentrare il potere nei Comuni
Che però debbono essere drasticamente ridotti di numero

Oscar Giannino, giornalista economico e leader della lista Fare per fermare in declino è in tour per l’Italia. Questo week en lo passa al Sud.

Domanda. Nel suo programma si parla molto di economia e di pubblica amministrazione, in particolare di sanità. Si dice che la sanità dovrebbe tornare nelle mani dei medici, che occorre maggiore trasparenza nella gestione.

Ma, anche i medici, a volte sono coinvolti in episodi di cattiva gestione e la trasparenza dovrebbe essere già garantita dalle leggi, anche se spesso non avviene. Proprio in Campania, la sanità è messa abbastanza male. Come si può «svoltare»?

Risposta. La questione si può riassumere così: i manager, i dirigenti di aziende sanitarie e ospedaliere, non devono essere più nominati dalla politica in base all’appartenenza. Noi abbiamo individuato i manager come punto di congiunzione con la politica, quindi vogliamo nuovi criteri per la loro scelta e nuove procedure per la nomina, come nelle aziende private. Se introduciamo questo principio, a catena anche i primari, per esempio, non potranno fare combutta con i nominati della politica, certi del fatto che poi si vedranno tornare, da loro, il favore. Dobbiamo spezzare questa catena.

D. «Fare» parla molto anche di federalismo. Tuttavia molti economisti meridionali hanno accertato i danni che il federalismo procurerebbe al Sud. Lei pensa che non sia così?

R. Credo che i danni li abbia procurati il federalismo a chiacchiere nel quale i rapporti si sono ridotti a campo di lotta politica. Ma, con Nord e Sud contrapposti, nessuno ha portato a casa niente. Noi proponiamo una visione che pone al centro il ruolo del comuni, che dovrebbero avere un’autonomia finanziaria vera. E che dovrebbero essere sottoposti a una drastica opera di fusione, perché possano avere un bacino di servizio ottimale. In un’unica fase della storia d’Italia sono spariti circa duemila comuni, fu una delle poche cose buone del fascismo. Poi furono ripristinati.

D. Un taglio, quindi, come per le Province?

R. Molto di più. Poi c’è la questione del ruolo delle regioni.

D. E cioè?

R. Le regioni amministrano grandi risorse. Ma il nuovo governo avrà solo tre mesi per battersi in Europa per evitare che spariscano dal Sud 16-18 miliardi oggi a rischio. Gli uffici tecnici delle regioni, purtroppo non sono all’altezza di predisporre bandi per le risorse europee ed esercitare scelte prioritarie per addensare le risorse su priorità vere. Quindi occorre una cabina di regia che intervenga immediatemente».

D. In che modo?

R. Innanzi tutto predisponendo una lista di priorità di opere infrastrutturali e per la crescita dell’economia reale, anche digitale. Così potremmo attirare grandi investitori. Allo stesso scopo, Stato e regioni del Sud dovrebbero offrire in cambio l’utilizzo non dell’ordinamento civilistico e amministrativo italiano, ma per esempio di quello britannico. Si può fare. Può sembrare una trovata lunare, immagino già le critiche, ma ci consentirebbe di trovare investimenti aggiuntivi. Credo inoltre che il Sud debba capire il suo interesse nella proposta delle macroregioni, che nel Sud continentale dovrebbero essere due. Le regioni devono diventare enti di indirizzo e molto meno di gestione. Nella cabina di regia, aggiungo, dovrebbero entrare anche imprese e sindacati.

D. Giannino, la scelta di nomi poco conosciuti nelle liste di «Fare», è voluta?

R. Sì, è una scelta deliberata, non abbiamo accettato i tanti politici che si sono avvicinati. Volevamo una leva nuova, che si trova solo da noi e da Grillo. Pure Ingroia presenta molti ex politici, e Monti ancora di più.

D. A proposito di Ingroia, cosa accade nel Molise?

R. Succede questo: alle politiche e alle regionali, ci siamo alleati con una pattuglia che si è formata intorno a Massimo Romano, che è uscito anni fa dall’Idv e ha rotto le scatole nella finta contrapposizione in regione tra Pd e Pdl, cosa che ci è piaciuta molto. E anche de Magistris ha deciso di appoggiare Romano invece di Ingroia.

D. E lei sostiene de Magistris?

R. Un momento. Nel Molise non ho dubbi che Romano sia una buona risposta. Ma se mi chiede a Napoli….

D. Glielo chiedo…

R…. No, sarebbe la nostra risposta. All’inizio abbiamo guardato a lui con interesse. Poi alcuni dei suoi si sono allontanati e io mi sono trovato più d’accordo con chi se andava che con chi restava».

D. A chi si riferisce?

R. Non entro nei dettagli, però dico che il bilancio del Comune di Napoli, lì bisogna affondare le mani. Io ero favore di chi voleva farlo».


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