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Il contenzioso sull’aumento delle tariffe retroattive in discarica e impatto sul PEF della TARI

I giudici contabili hanno precisato che la presenza di errori di imputazione delle spese per la raccolta e smaltimento dei rifiuti non può essere inclusa negli anni successivi, pena il concorso alle spese di utenti diversi da quelli che avrebbero fruito del servizio.

Può capitare che gli impianti di smaltimento possano stabilire adeguamenti tariffari retroattivi e/o a conguaglio delle tariffe praticate, specie in caso di gestione di ambito e di pareggio dei costi di smaltimento. Il problema riguarda in questo caso l’eventuale iscrizione nel Piano Finanziario della TARI dei costi retroattivi della tariffa TARI, e delle conseguenze in caso di eventuale contenzioso da parte del Comune su un adeguamento giudicato eccessivo e/o non dovuto. In particolare si pone il problema di quali attività dovrà porre in essere il responsabile dei tributi in situazioni similari, ovvero quanto inserire nella tariffa dell’anno di riferimento, ovvero se la spesa possa essere considerata una sopravvenienza passiva tale da poter addebitare il costo alla fiscalità generale. In situazioni simili si sono espresse di recente alcuen Sezione regionali della Corte dei conti.

Corte dei conti Basilicata

I giudici contabili lucani con la deliberazione n.4/2019 hanno precisato che la presenza di errori di imputazione delle spese per la raccolta e smaltimento dei rifiuti non può essere inclusa nel o negli anni successivi, pena il concorso alle spese di utenti diversi da quelli che avrebbero fruito del servizio. Inoltre, la sottovalutazione delle spese in un dato anno, o in quelli successivi, rappresenta una specifica responsabilità amministrativa a carico di soggetti legati da rapporto di servizio con l’amministrazione che, con condotte commissive o omissive gravemente colpose, avessero determinato un danno ingiusto in conseguenza dei mancati introiti. In altri termini, la responsabilità contabile discende in via diretta da errori sulla corretta imputazione della spesa sulla tariffa applicata agli utenti, oltre al contrasto con i principi contabili di redazione del bilancio, potrebbe essere valutabile anche ai fini della responsabilità sanzionatoria prevista da norme sui vincoli di finanza pubblica tempo per tempo vigenti.

Effettuata la sopra indicata precisazione, va verificato se l’adeguamento tariffario che copre periodi precedenti all’anno di imputazione sia da considerarsi spese pregressa o spesa di competenza dell’esercizio.

La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo della Lombardia (deliberazione n.339/2013) ha avuto modo di precisare che il debito specifico relativo, ad esempio di conguagli (nel caso di specie si riferiva al consumo di energia elettrica in esercizi finanziari precedenti), è per competenza finanziaria riferibile solo all’anno delle liquidazione degli importi, pertanto l’imputazione al bilancio non poteva che avvenire nell’anno della comunicazione della fattura con la procedura ordinaria di spesa (art. 191 T.U.E.L.) e, in caso di incapienza dei capitoli, l’ente avrebbe dovuto effettuare necessarie variazioni di bilancio, sotto il controllo e il giudizio dell’organo deputato ad autorizzare e controllare la spesa, vale a dire il Consiglio comunale.

Chiarito, pertanto, come la fattura per conguaglio tariffario avrebbe dovuto essere inserita nel Piano Economico Finanziario della tariffa dell’anno, resta ora da verificare il caso in cui la citata tariffa o conguaglio sia stato impugnato giudizialmente, ad esempio perché da parte dell’ente si è stimato il medesimo non dovuto.

Corte dei conti Puglia

In caso di contenzioso giudiziario, di recente la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione 15/05/2018 n.48, ha precisato che il tributo TARI è istituito per la copertura integrale degli interventi “relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, comprensivi di tutti i costi relativi ad investimenti per opere e relativi ammortamenti, nonché di tutti i costi d’esercizio del servizio di gestione dei rifiuti, inclusi i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche ed i costi per il servizio di spazzamento e lavaggio delle strade pubbliche”. L’art. 1, comma 654, della L. n. 147/2013 prevede l’obbligo di assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio risultanti dal piano finanziario ricomprendendo anche i costi «… di realizzazione e di esercizio dell’impianto, i costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonché i costi di gestione successiva alla chiusura per un periodo pari a quello indicato dall’art. 10 comma 1, lettera i)» ed escludendo i costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Ricordano i giudici contabili come le tariffe della TARI devono essere approvate dal Consiglio comunale entro il termine fissato da norme statali per l’approvazione del bilancio di previsione, in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dal Consiglio comunale o da altra autorità competente a norma delle leggi vigenti in materia (art. 1, comma 683, della L. n. 147/2013). I costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati vengono individuati facendo riferimento ai criteri previsti dal D.P.R. 27/04/1999, n.158 e definiti ogni anno sulla base del Piano finanziario degli interventi che ne determina i costi operativi di gestione (CG) e i costi comuni (CC) nonché i costi d’uso del capitale (CK): si tratta del c.d. «metodo normalizzato» previsto dal citato comma 651, non risultando l’avvenuta opzione per il metodo fondato sul principio «chi inquina paga» basato invece sull’utilizzo di parametri di produzione quali-quantitativa di rifiuti per unità di superficie e per tipologia di attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti, previsto dal comma 652. Precisa, inoltre, il Collegio contabile come nella componente del costo «… vanno considerati anche gli eventuali mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla tariffa di igiene ambientale, alla tariffa integrata ambientale, nonché al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES)» (comma 654-bis entrato in vigore dal 20 giugno 2015 in ragione del suo inserimento ad opera dell’art. 7, comma 9, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125). Il Collegio contabile precisa, inoltre, che allo scopo di pervenire alla definizione degli elementi di costo, che possono essere assunti in sede di determinazione della Tari, il punto 2.1, Allegato 1, del D.P.R. n. 158 del 1999 prescrive che i costi operativi di gestione (CG) devono comprendere, tra le varie voci di bilancio, anche le B12 e B13 dell’art. 2425 c.c., riferite a passività probabili e non certe correlate alla gestione dei rifiuti e possono prevedere, tra le altre, il fondo rischi per cause in corso (cfr. Linee Guida TARI emanate dal MEF), ossia di accantonamenti strettamente connessi a costi derivanti dal ciclo operativo di gestione dei rifiuti. Peraltro, il punto 2.3. dell’allegato 1 citato comprende tra i costi d’uso del capitale la voce «Accantonamenti»: il comma III dell’art. 2425-bis c.c. prevede che «Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza».

Precisata la normativa, il collegio contabile fornisce la seguente indicazione all’ente locale. Se l’ente ritiene che possano manifestarsi oneri futuri connessi a contenziosi in atto aventi natura determinata ed esistenza certa o probabile, potrà essere effettuato un accantonamento destinato ad alimentare il correlativo fondo “da individuarsi a seconda del grado di certezza/probabilità riscontrabile nella natura dell’onere rilevato in Fondo oneri futuri e/o Fondo Rischi”. In merito all’accantonamento soccorrono i principi della IAS 37 a mente del quale un accantonamento deve essere rilevato quando:  a) un’entità ha un’obbligazione in corso (legale o implicita) quale risultato di un evento passato; b) è probabile che sarà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici per adempiere l’obbligazione; c) può essere effettuata una stima attendibile dell’ammontare dell’obbligazione.

In conclusione, nelle stesse linee guida del MEF è previsto che «L’eventuale scostamento dei CG e dei CC per l’anno di riferimento rispetto all’aggiornamento come sopra definito, dovuto a sostanziali modifiche nella gestione e nelle modalità di esecuzione del servizio ovvero a modifiche dei prezzi di approvvigionamento di servizi e forniture da terzi, dovrà essere giustificata nella relazione di accompagnamento al Piano Finanziario», come del resto indicato nell’art. 8 del dpr 158/99 secondo cui la relazione espone «l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni».

Infine, se l’ente in via prudenziale debba o meno considerare anche le spese per il contenzioso in atto, il Collegio contabile evidenzia che, in armonia con il già richiamato principio di integrale copertura del costo del servizio, in sede di predisposizione del Piano Finanziario il responsabile del servizio dovrà provvedere al prudente accantonamento diretto a finanziare un Fondo Oneri futuri e/o Rischi per cause in corso, secondo la probabilità del suo accadimento, giustificandone nella propria relazione l’importo.

L’importo da accantonare nella tariffa TARI

La recente giurisprudenza contabile (ex multis Corte dei conti Campania deliberazione n.7/2018) ha quantificato le passività potenziali distinguendole tra debiti certi, passività probabili, passività possibili e passività da evento remoto, secondo i seguenti principi:

– il debito certo – indice di rischio 100%, è l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege, per effetto della art. 1, comma 714-bis l. 218/2015;

– la passività “probabile”, con indice di rischio del 51%, (che impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno a tale percentuale), è quella in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui l’avvocato abbia espresso un giudizio di soccombenza di grande rilevanza (cfr., al riguardo, documento OIC n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario);

– la passività “possibile” che, in base al documento OIC n. 31, nonché dello IAS 37, è quella in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile e, quindi, il range di accantonamento oscilla tra un massimo del 49% e un minimo determinato in relazione alla soglia del successivo criterio di classificazione;

– la passività da evento “remoto”, la cui probabilità è stimata inferiore al 10%, con accantonamento previsto pari a zero.

Conclusioni

Sulla base della sopra indicata giurisprudenza contabile, in considerazione degli equilibri di bilancio prospettici, il dirigente della spesa, coadiuvato dall’Avvocatura comunale, dovrà definire in quale range di probabilità si situa il debito del conguaglio tariffario, indicando se il citato debito sia nullo o abbia una probabilità di essere realizzato anche in funzione dell’andamento del contenzioso. La presenza di una probabilità del debito, comporterà un possibile accantonamento ai sensi delle precisazioni della Corte dei conti partenopea, anche mediante ruolo suppletivo al fine di garantire gli equilibri di bilancio anche in via prospettica. Si precisa come il mancato accantonamento potrebbe avere, sempre secondo la giurisprudenza contabile, possibili impatti in termini di responsabilità erariale.


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