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Pagamenti, sindaci frenati
Il Patto di stabilità 2013 si traduce in paletti più stringenti sulle spese

Lo sblocco dei pagamenti arretrati annunciato dal Governo Monti, se arriverà al traguardo, segnerà una svolta nei rapporti fra imprese e Pubbliche amministrazioni. Nel caso dei Comuni, però, aggredirà solo una parte del problema, perché le regole che hanno determinato l’accumularsi di pagamenti incagliati nei bilanci dei sindaci sono tutte in vigore: anzi, come mostrano i numeri in questa pagina, sono state inasprite a dicembre, dalla legge di stabilità preparata dallo stesso Governo tecnico e lavorata in Parlamento in modo bipartisan dalla «strana maggioranza» che lo sosteneva.
L’imputato principale nel processo ai ritardi di pagamento è naturalmente il Patto di stabilità, che nella versione riservata a Comuni e Province impone obiettivi di bilancio in pratica scaricati tutti sulla spesa effettiva per investimenti, dal momento che quella corrente (personale, consumi, interessi e servizi di base) è più rigida; negli investimenti, la «competenza mista» che regola il Patto di stabilità rileva la cassa, cioè i pagamenti effettivi, che di conseguenza si incagliano. Un effetto indiretto, e ovvio, si scarica anche sulla pianificazione degli investimenti, che infatti nei Comuni sono crollati del 22,3% fra 2007 e 2011.
Fin qui, è tutto noto dopo il dibattito indiavolato dei giorni scorsi. Meno noto è il fatto che la “correzione tecnica” varata con la legge di stabilità rischia di peggiorare ulteriormente le cose. Nel fissare gli obiettivi di bilancio ai Comuni, l’ultima manovra ha confermato il moltiplicatore da applicare alla spesa corrente per individuare l’obiettivo di bilancio, che nel caso dei Comuni è il 15,8%. A cambiare è stata la base di calcolo, perché la spesa corrente di riferimento a cui applicare il moltiplicatore non è più quella del 2006-2008, ma si è “spostata” al 2007-2009.
Si tratta di un aggiornamento dovuto, per evitare di ancorare la finanza pubblica a dati troppo invecchiati, ma nella pratica si traduce in un inasprimento degli obiettivi del Patto di stabilità, e quindi di fatto in un restringimento ulteriore per i pagamenti in conto capitale. Gli effetti del cambio di regole, calcolati dal Centro Studi Sintesi e Unioncamere del Veneto, variano da Comune a Comune, e dipendono dalla storia della spesa corrente delle singole amministrazioni: l’eccezione è rappresentate dall’Aquila, che come tutti i Comuni nel “cratere” del terremoto del 2009 perde le agevolazioni legate al sisma e si vede più che raddoppiare l’obiettivo.
Tra i capoluoghi di provincia il peggioramento più consistente è a Roma, che si vede alzare l’obiettivo di base del 28,2%: per rispettare la regola generale, Roma dovrebbe generare un avanzo di 241,9 milioni, che potrà essere rivisto dalle trattative a due fra la Capitale e il Governo. Nessun margine di trattativa invece per gli altri Comuni, a partire da Crotone che incontra un peggioramento del 22%: tra le grandi città, è Napoli a subire lo scalino più alto (+11,3%), mentre a Milano l’obiettivo si alza del 4,2 per cento.
Senza dimenticare l’altra emergenza, legata al fatto che da quest’anno entrano nel Patto anche i Comuni compresi fra mille e 5mila abitanti: si tratta di oltre 3.700 enti, che devono ora districarsi nelle regole blocca-pagamenti.


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