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Sulla detrazione dell'Iva l'impiego di beni e servizi fa la differenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1 della decisione 2004/817/CE del Consiglio, del 19 novembre 2004, che autorizza la Germania ad applicare una misura di deroga all’articolo 17 della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’Iva.

Con comunicato del 19/09/2016 la riviste telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che:

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1 della decisione 2004/817/CE del Consiglio, del 19 novembre 2004, che autorizza la Germania ad applicare una misura di deroga all’articolo 17 della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’Iva.

Nell’articolo 27, paragrafo 1, della sesta direttiva “Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale”.

L’articolo 1 della decisione di autorizzazione testualmente prevede che: “In deroga all’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva, la Germania è autorizzata ad escludere dal diritto a detrazione dell’Iva, di cui sono gravate, le spese relative a taluni beni e servizi, quando la percentuale della loro utilizzazione per esigenze private del soggetto passivo o per quelle del suo personale o, più in generale, per fini estranei alla sua azienda, è superiore al 90% del loro uso complessivo”.

 Il protagonista della controversia

Nella fattispecie all’esame della Corte comunitaria, un ente territoriale svolge sotto la propria responsabilità le mansioni che esulano dalle capacità dei comuni e degli uffici compresi in tale distretto. Tra i compiti dell’ente, in quanto pubblica autorità e, in particolare, nell’esercizio di potestà pubbliche, figurano la costruzione, la manutenzione delle strade e la gestione della sicurezza stradale nel proprio territorio. Tali compiti sono stati svolti per mezzo di un’azienda propria priva di personalità giuridica. In un determinato periodo di imposta, l’ente acquistava diversi beni, vale a dire macchine da lavoro, veicoli industriali e accessori, che utilizzava essenzialmente per le prestazioni rese in qualità di pubblica autorità. L’Amministrazione fiscale tedesca non ha autorizzato la detrazione dell’Iva pagata a monte e gravante sui beni acquistati.

 La questione pregiudiziale

La questione è stata incardinata presso la competente sede giurisdizionale, che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue la seguente questione, con cui si chiede, sostanzialmente, se l’articolo 1 della decisione di autorizzazione debba essere interpretato nel senso che esso sia applicabile in una fattispecie in cui un’impresa acquisti beni o servizi che impieghi in percentuale superiore al 90% per attività non economiche non ricomprese nella sfera di applicazione dell’Iva.

Come risulta dal tenore letterale, la decisione di autorizzazione deroga all’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva, in forza del quale un soggetto passivo può detrarre l’Iva assolta a monte nella misura in cui i beni e i servizi siano impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, vale a dire per un’attività economica.

Per determinare se la nozione di “fini estranei all’impresa” di cui all’articolo 1 della decisione di autorizzazione possa ricomprendere una fattispecie come quella in esame, in cui il ricorrente svolge attività che incombono sullo stesso in quanto pubblica autorità, ossia attività non economiche, benché non estranee all’azienda, occorre fare riferimento al significato dato a tale nozione nella sesta direttiva, sulla cui base è stata adottata la decisione di autorizzazione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, della medesima.

 Le valutazioni della Corte di giustizia

Come si evince dall’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva, l’uso per fini estranei all’impresa può essere soggetto ad Iva. Viceversa, le attività non economiche non ricadono nell’ambito di applicazione della sesta direttiva. Da ciò deriva che l’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva non è volto a stabilire una regola secondo cui le operazioni che esulino dall’ambito di applicazione del regime dell’Iva possono essere considerate svolte “a fini estranei all’impresa” ai sensi di tale disposizione.

Tale interpretazione, infatti, produrrebbe l’effetto di privare di contenuto l’articolo 2, n.1, della sesta direttiva. Le predette considerazioni risultano avvalorate dal sistema del regime comune dell’Iva, nell’ambito del quale la distinzione tra le attività economiche e quelle non economiche segue criteri diversi da quelli che distinguono un uso professionale da un uso a fini estranei all’impresa, in particolare privati. Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di utilizzazione di un bene di investimento per fini tanto privati quanto professionali, l’interessato ha la possibilità di optare, ai fini dell’Iva, per inserire integralmente il bene medesimo nel patrimonio della propria impresa oppure per conservarlo interamente nel proprio patrimonio privato, escludendolo in tal modo completamente dal sistema dell’Iva, ovvero di inserirlo nella propria impresa soltanto a concorrenza dell’utilizzazione professionale effettiva.

Per contro, tale libertà di scelta non sussiste qualora si tratti di determinare se un bene sia o meno utilizzato per un’attività economica. Qualora un’impresa utilizzi un bene sia per attività economiche sia non economiche, l’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva si limita a prevedere un diritto a detrazione dell’imposta assolta a monte. I provvedimenti che gli Stati membri sono chiamati ad adottare al riguardo devono rispettare il principio di neutralità fiscale su cui si basa il sistema comune dell’Iva. In base al principio di neutralità fiscale, il regime delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’Iva dovuta o assolta nell’ambito di tutte le proprie attività economiche. Orbene, l’esclusione dal diritto a detrazione per i beni aziendali utilizzati per attività economiche in percentuale inferiore al 10% non soddisfa detto requisito.

Tali considerazioni sono sovrapponibili all’interpretazione della nozione di “fini estranei all’impresa” di cui all’articolo 1 della decisione di autorizzazione. Infatti, sulla base delle esigenze di unità e di coerenza dell’ordinamento giuridico comunitario, le nozioni utilizzate dagli atti adottati nel medesimo settore devono avere lo stesso significato, salva diversa volontà del legislatore comunitario.

 Le conclusioni 

Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 1 della decisione che autorizza la Germania ad applicare una misura di deroga all’articolo 17 della sesta direttiva IVA n.77/388/CEE, dev’essere interpretato nel senso che non è applicabile in una fattispecie in cui un’impresa acquisti beni o servizi che impieghi in percentuale superiore al 90% per attività non economiche non ricomprese nella sfera di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Data della sentenza

15 settembre 2015

Numero della causa

C-400/2015

Nome delle parti

 

Landkreis Potsdam-Mittelmark

contro

Finanzamt Brandenburg


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