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Niente sanzioni per l’errore dell’amministrazione
I rischi. In caso di mancata indicazione in fattura, ma l’imposta deve essere stata assolta

Le conseguenze derivanti dall’errata applicazione dello split payment possono essere pesanti. Le Entrate si occupano dell’aspetto sanzionatorio nell’ultima parte della circolare n. 15/E/2015, precisando innanzitutto che la dicitura da indicare nelle fatture è «scissione dei pagamenti» o «split payment» (si deve trattare, tuttavia, di fatture ordinarie, poiché, per le operazioni documentate con fattura semplificata ex articolo 21-bis, Dpr n. 633/1972, così come in caso di scontrino/ricevuta, il regime speciale non si applica). L’omissione comporta l’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 9, comma 1, Dlgs n. 471/97 (da 1.032 a 7.746 euro). Se la mancanza dell’indicazione in fattura dipende dalle erronee informazioni fornite dalla Pa, tale sanzione non risulta applicabile, a condizione, tuttavia, che l’imposta sia stata assolta ancorché irregolarmente. Siccome il caso proposto pare riguardare un’operazione che le parti hanno trattato in regime ordinario (senza applicare lo split payment), vuol dire che l’Iva dev’essere confluita nella liquidazione del fornitore. Diversamente, tale soggetto dovrà corrispondere imposta più sanzione. 

Analoghe considerazioni dovrebbero valere anche nella situazione uguale e contraria ovverossia quando un’operazione che non è in scissione dei pagamenti, è stata invece fatturata come tale dal fornitore sulla base delle indicazioni fornitegli dall’ente cessionario/committente. In questo caso, però, è la Pa che deve aver assolto l’Iva. Se non lo ha fatto, gli effetti non dovrebbero ricadere in capo al fornitore, né per la sanzione, ma neppure per l’imposta, in quanto la veste di debitore è stata assunta, sebbene erroneamente, dalla Pa. Una precisazione in tal senso sarebbe opportuna, soprattutto in considerazione del fatto che, in più di un passaggio della circolare, l’agenzia delle Entrate afferma invece che il debitore d’imposta rimane comunque il fornitore (si veda l’articolo principale).

Quanto sopra non pare in contrasto con le indicazioni fornite nella circolare n. 1/E, ribadite dalla successiva circolare n. 15/E, secondo cui, per le fatture erroneamente riportanti l’annotazione «scissione dei pagamenti», il fornitore deve correggere il proprio operato ed esercitare la rivalsa, con conseguente obbligo per la Pa di corrispondere al fornitore l’Iva. La prassi illustrata, infatti, può mantenere la propria validità in relazione alle fattispecie in cui l’errore non dipende dalle informazioni (sbagliate) comunicate dall’ente pubblico.
Infine, la salvaguardia per eventuali violazioni commesse nel primo periodo di applicazione della disciplina, dovrebbe applicarsi a tutte le situazioni verificatesi prima del 13 aprile (data di pubblicazione della circolare n. 15/E), estendendo a tale maggior termine l’esimente già individuata dalla precedente circolare n. 1/E del 9 febbraio scorso. Tale precisazione è riportata immediatamente dopo le indicazioni riguardanti le sanzioni applicabili per eventuali violazioni all’obbligo di versamento dell’Iva commesse da parte della Pa, ma è da ritenere che la sua valenza sia generale e riguardi tutte le possibili violazioni da chiunque commesse. Resta in ogni caso fermo che, per andare indenni dall’applicazione delle sanzioni, è necessario che l’imposta sia stata assolta.


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