Sentenza Corte Costituzione n.244/2014. Legittimo il prelievo del 2,5% sul TFS

Con sentenza n.244 con decisione del 22/10/2014 la Corte Costituzionale chiamata a decidere circa la legittimità costituzionale di cui agli artt.3 e 36, primo comma in quanto il ripristino del precedente regime del TFS per i dipendenti pubblici introdurrebbe una «disparità di trattamento tra costoro (cui continua/riprende a essere applicato un prelievo del 2,5% sull’80% della retribuzione) e i dipendenti privati (per i quali non è previsto nessun prelievo a titolo previdenziale, ma solo un accantonamento del 6,91% sull’intera retribuzione, non tassabile); e tra i dipendenti pubblici assunti prima del 2001 (per i quali è stato ripristinato il TFS) e quelli assunti post 2001, per i quali è in vigore la disciplina del T.F.R., ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 1999»; inoltre, perché consentirebbe allo Stato «una riduzione dell’accantonamento, irragionevole perché non collegata con la qualità e quantità del lavoro prestato», precisa quanto segue:

Il trattamento di fine servizio è, infatti, diverso e – come sottolineato dalla stessa sentenza n. 223 del 2012 – normalmente “migliore” rispetto al trattamento di fine rapporto disciplinato dall’art. 2120 cod. civ., per cui il fatto che il dipendente – che (in conseguenza del ripristinato regime ex art. 37 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032) ha diritto all’indennità di buonuscita – partecipi al suo finanziamento, con il contributo del 2,50% (sull’80% della sua retribuzione), non integra un’irragionevole disparità di trattamento rispetto al dipendente che ha diritto al trattamento di fine rapporto. Per altro verso, il fatto che alcuni dipendenti delle pubbliche amministrazioni godano del trattamento di fine servizio ed altri del trattamento di fine rapporto è conseguenza del transito del rapporto di lavoro da un regime di diritto pubblico ad un regime di diritto privato e della gradualità che, con specifico riguardo agli istituti in questione, il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto di imprimervi.

Neppure può dirsi, poi, irragionevole la diversità di trattamento tra i dipendenti che, nelle more, abbiano ottenuto la restituzione del 2,50% con sentenza passata in giudicato (restituzione divenuta «indebita» a seguito dell’abrogazione dell’art. 12, comma 10, del citato d.l. n. 78 del 2010) e quelli che non l’abbiano ottenuta per il sopravvenuto ripristino dell’indennità di buonuscita. Ciò essendo inevitabilmente dovuto alla successione di diverse disposizioni normative ed al generale principio di intangibilità del giudicato.

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