L’ingiustificato arricchimento per debiti fuori bilancio ed il principio di sussidiarietà

Approfondimento di V. Giannotti

Differente posizione, in merito alla responsabilità dei funzionari o amministratori che abbiano dato luogo alla formazione di debiti fuori bilancio, tra i giudici contabili e la Suprema Corte di Cassazione. Secondo la magistratura contabile la formazione di un debito fuori bilancio radica nell’amministrazione il principio di sussidiarietà per l’indebito arricchimento dell’ente, mentre per gli Ermellini la violazione delle disposizioni legislative, in merito alla corretta imputazione contabile (Art.191 TUEL), comporta la conseguente imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell’amministratore o funzionario degli effetti dell’attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili, con ciò comportando l’impossibilità da parte del creditore di esperire l’azione di indebito arricchimento nei confronti del Comune. Tali sono le posizioni rispettivamente espresse dalla Corte dei conti, Sezione Regionale di controllo per il Veneto, deliberazione 29/11/2016 n.375 e dalla Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza 04/01/2016 n.80.

La posizione dei magistrati contabili

Il Collegio contabile di controllo per il Veneto è intervenuto in sede di parere, a seguito della formazione di debiti fuori bilanci da parte di un ente locale, alla soluzione della questione posta dal Comune istante circa le conseguenze in caso di suo mancato riconoscimento da parte del Consiglio Comunale, ovvero se tale debito debba essere imputato al solo funzionario o amministratore che tale debito abbia consentito rendendo indenne l’amministrazione da tale maggiore spesa contratta. A fronte di tale soluzione, il Comune evidenziava come tali indicazioni sarebbero discese dalle conclusioni a cui era pervenuta di recente la Suprema Corte di Cassazione. I magistrati contabili evidenziavano come non fosse assolutamente vero che la Corte di Cassazione (SS.UU., sentenza n. 10798/2015) consenta in modo semplicistico di ipotizzare, come fa il Comune istante, che in caso di formazione di un debito fuori bilancio l’obbligazione sia di competenza del dirigente o funzionario che tale spesa abbia acconsentito. La citata sentenza, precisa il Collegio contabile, stabilisce il principio di sussidiarietà per l’indebito arricchimento dell’ente, affermando per altro verso il principio secondo cui il riconoscimento, da parte della p.a., dell’utilità della prestazione o dell’opera non costituisce un requisito dell’azione di indebito arricchimento e rileva soltanto “in funzione probatoria e, precisamente, ai soli fini del riscontro dell’imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico”, ma non esime la pubblica amministrazione dall’attivazione della procedura di riconoscimento del debito, “nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento”. In altri termini il citato principio di sussidiarietà evocato dalla nomofilachia civile, non esclude l’imputabilità dell’obbligazione direttamente all’ente, qualora si sia verificato un arricchimento, percepibile come tale e suscettibile di riconoscimento. Se tale principio di sussidiarietà non fosse vero, conclude il Collegio contabile, si consentirebbe di riversare indebitamente sui dipendenti che agiscono in nome e per conto dell’ente anche il costo di prestazioni dalle quali quest’ultimo abbia tratto un obiettivo e consapevole beneficio e di arricchirsi, quindi, ingiustamente, a scapito di terzi, in violazione del generale principio secondo cui nemo lucupletari potest cum aliena iactura.

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