Il Patto di stabilità fa il pieno di paradossi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nonostante due decreti sblocca-debiti e cinque miliardi di spazi finanziari in più, i pagamenti di spesa in conto capitale effettuati dagli enti locali nel 2013 sono diminuiti ancora, scendendo a 13,4 miliardi dai 14,3 miliardi registrati l’anno prima; nello stesso tempo, gli obiettivi di saldo del Patto di stabilità sono stati ampiamente superati, con un overshooting che nei Comuni è arrivato a 1,3 miliardi (+44,8% rispetto a quanto chiesto dalle manovre) e nelle Province si è attestato a 114,6 milioni (+15,1%). È in questa contraddizione, messa nero su bianco dalla relazione della Corte dei conti sul Patto di stabilità interno (delibera 17/2014 della Sezione autonomie) diffusa ieri, il carattere paradossale che ormai domina la finanza locale italiana: da un lato si fanno sforzi eccezionali per disincagliare i pagamenti ai fornitori, dall’altro il caos delle regole e i continui cambi di parametri impediscono qualsiasi reale programmazione, con il risultato di far fermare i pagamenti molto più di quanto lo stesso Patto di stabilità chiederebbe. In questo modo, il Patto sembra allargare sempre più la distanza fra un quadro contabile apparentemente in salute, in grado appunto di rispettare fin troppo abbondantemente le richieste delle manovre, e una reale situazione di cassa assai più complicata, confermata dal fatto che secondo la Corte gran parte delle anticipazioni di cassa messe a disposizione dallo sblocca-debiti sono finite a pagare debiti di parte corrente.

Non va meglio nelle Regioni, dove i vincoli del Patto si scaricano quasi integralmente sugli investimenti, e arrivano ormai a ridurre al lumicino la spesa in conto capitale: nel 2009, ogni 100 euro di spesa corrente impegnata, i bilanci delle Regioni ne contavano 64 in conto capitale, mentre oggi non se ne trovano più di 28. In termini assoluti, significa una riduzione degli investimenti regionali nell’ordine di 10 miliardi in tre anni, con una dinamica che secondo la Corte dei conti «conferma non solo l’estrema difficoltà di garantire una seria programmazione delle opere infrastrutturali, ma anche l’esiguità delle risorse oggi disponibili per agevolare la crescita».

Mentre le elezioni di maggio e l’arrivo del semestre di presidenza italiano hanno riacceso il dibattito sulla riforma dei vincoli europei, dalla Corte dei conti arriva un invito diretto a rivedere la loro traduzione italiana, figlia di scelte e manovre di casa nostra.

Nel campo degli enti locali, la novità 2013 è stata l’applicazione del Patto anche ai Comuni che contano meno di 5mila abitanti (e più di mille), e infatti proprio questi debuttanti hanno rappresentato la maggioranza dei 121 Comuni che non sono riusciti a raggiungere l’obiettivo di Patto. Come detto, però, il problema vero è paradossalmente opposto, e si concentra in quegli 1,3 miliardi di euro “di troppo”: il Patto 2013 chiedeva ai Comuni un saldo aggregato positivo per 2,95 miliardi, ma alla fine le amministrazioni ne hanno accumulato uno da 4,25 miliardi. In questa differenza si nascondono entrate di troppo, e pagamenti bloccati senza che i vincoli imposti dalle manovre lo richiedessero, in larga parte conseguenza dell’incertezza perenne che ormai circonda ogni numero chiave nella finanza locale.

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