di Matteio Barbero
Il riparto dei 6,2 mld di spettanze comunali ha suscitato molto malcontento tra i sindaci
Penalizzate le amministrazioni virtuose e i mini-enti
Fondo di solidarietà comunale senza pace. Anche quest’anno, il riparto dei 6,2 miliardi del Fsc non ha mancato di suscitare le solite discussioni fra i sindaci. I numeri sono stati diffusi dal ministero dell’interno poco prima di Natale (si veda ItaliaOggi del 27/12/2019), ma i criteri di distribuzione hanno già tenuto conto delle modifiche normative previste dal dl 124/2019 (c.d. Decreto fi scale) e dalla L. 160/2019 (legge di Bilancio 2020), oltre che della destinazione di 7 milioni di euro all’accantonamento da utilizzare per eventuali conguagli a singoli comuni derivanti da rettifi che dei valori. Come al solito, le cifre hanno subito innescato un acceso confronto fra chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso o comunque ha ricevuto meno di quanto si aspettava. Anche perché le attese erano per un leggero incremento, in considerazione del fatto che i commi 848 e 849 della legge 160 hanno avviato il percorso di restituzione dei 564 milioni circa di tagli fi nora applicati in base al dl 66/2014, i cui effetti sono però cessati nel 2018. Per quest’anno, in particolare, è prevista la distribuzione di una prima tranche, pari a 100 milioni. È bene precisare, però, che tali somme saranno assegnate successivamente, così come quelle previste dal comma 551 della stessa legge 160, che prevede per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022 una dote da 2 milioni di euro annui al fi ne di ridurre per i comuni montani con popolazione inferiore a 5 mila abitanti l’importo che gli stessi hanno l’obbligo di versare per alimentare il fondo mediante una quota dell’Imu. Sempre a parte saranno assegnate anche le risorse del comma 554, che rifi nanzia il fondo Imu-Tasi di ulteriori 110 milioni annui, oltre a quelli già previsti dalla L. 145/2018. Ma questi aspetti tecnici non hanno frenato la polemica politica. L’Anci Veneto, ad esempio, ha rilevato che complessivamente i comuni da essa rappresentati hanno subito una riduzione del fondo pari ad oltre 7 milioni di euro, con 418 enti su 563 che presentano un saldo negativo rispetto all’anno 2019. «Dopo i criteri del superamento del turnover che penalizzano pesantemente i comuni veneti», ha rilevato il presidente Mario Conte, «perché virtuosi ed effi cienti ora arriva un’altra amara sorpresa per i nostri sindaci. È vergognoso togliere queste risorse alle amministrazioni comunali per darle magari a chi è in disavanzo o ha i bilanci in rosso. Anci Veneto anche su questo fronte darà battaglia perché è inammissibile quello che sta succedendo passo dopo passo si scopre che la legge di Bilancio è una penalizzazione continua per sindaci e i cittadini». Sulla stessa linea si sono mosse anche altre Anci regionali, mentre il n. 1 dell’Uncem Marco Bussone ha criticato i troppi tagli ai mini enti, pur evidenziando che, come detto, una parte di essi dovrebbe essere coperta dalle ulteriori assegnazioni. Queste ultime, però, avrebbero dovuto rappresentare un’integrazione e non una compensazione: soldi in più, in altre parole. Senza contare che in alcuni casi tali somme difficilmente saranno sufficienti a colmare il gap. Per rendersene conto basta analizzare un caso esemplare, quello del comune di Portofino, che rappresenta l’emblema degli enti penalizzati dal fondo. Nel 2020, Portofi no ha subito un’ulteriore riduzione di circa 30 mila euro rispetto al 2019, che ha portato il suo fondo da -900 mila a -930 mila circa. Quanto potrà ricevere tale ente come quota parte dei 100 milioni aggiuntivi stanziati dalla manovra? Per fare una stima, è suffi ciente verifi care a quanto ammontava il taglio previsto dal dl 66/2014: si trattava di circa 20 mila euro per cui, facendo una semplice proporzione, il ristoro si aggirerà sui 3 mila euro. Meno del 10%. «Con le risorse fi nanziarie, già insuffi cienti, non si possono fare ipotesi di gettito. Le risorse vanno erogate sulla base dell’esistente, non sulla base della fantasia. Questa ripartizione favorisce alcuni comuni e ne penalizza altri senza tener conto che per alcuni anche un minimo taglio può causare un predissesto. Ma forse è proprio ciò che si vuole così da costringere a fondersi i comuni che fi nanziariamente non ce la fanno a sostenersi da soli», chiosa amaramente Franca Biglio, presidente dei piccoli comuni riuniti in Anpci.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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