Trattamenti economici incentivanti – Corte Costituzionale – sentenza del 30 dicembre 2009, n. 341

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 61, c. 7-bis, D.L. 162/2008, convertito, con modificazioni, dalla L. 201/2008, il quale disciplina l’incentivo, «non superiore al due per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro», che, ex art. 92, c. 5, D.lgs. 163/2006, «è ripartito, per ogni singola opera o lavoro, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata e assunti in un regolamento adottato dall’amministrazione, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori».
I trattamenti economici incentivanti oggetto della disciplina censurata si riferiscono, infatti, allo svolgimento di attività disciplinate dal codice dei contratti pubblici, alcune delle quali sono state ricondotte dalla Corte costituzionale alla fase d’esecuzione del rapporto contrattuale e, quindi, alla materia «ordinamento civile». Né pare convincente l’argomento che, per un verso, riconosce che la percentuale dell’incentivo in questione debba essere fissata dallo Stato, ma, dall’altro, contesta che sulla percentuale del 2%, la norma impugnata imponga «un limite di utilizzabilità, perché l’1,5 per cento deve necessariamente restare nel capitolo di bilancio» regionale. In realtà, per le Regioni, che non devono versare la quota dell’1,5% al bilancio statale, l’effetto prodotto dalla norma censurata è sostanzialmente identico a quello che si sarebbe determinato qualora lo Stato avesse semplicemente ridefinito la percentuale massima dell’incentivo in questione, fissandola allo 0,5%. Per tali ragioni, non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale proposte, in relazione all’art. 117 Cost..

(Corte Costituzionale, sentenza del 30 dicembre 2009, n. 341)

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