Reverse charge: i chiarimenti dell’Agenzia delle entrate sulle nuove sanzioni

L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti interpretativi sulla riforma della disciplina sanzionatoria del sistema dell’inversione contabile (detto anche reverse charge).
Nella circolare n. 16/E dell’11 maggio 2017, l’amministrazione affronta nel dettaglio le novità introdotte dal D.lgs. n. 158/2015 (recante “Revisione del sistema sanzionatorio”, in attuazione della legge delega 23/2014), che ha modificato in più parti il D.lgs. n. 471/1997. Quest’ultimo, come noto, disciplina le sanzioni amministrative in materia di imposte dirette, Iva e riscossione dei tributi. In particolare, l’articolo 6 del decreto detta le sanzioni connesse alle violazioni degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione e individuazione delle operazioni soggette a Iva. Tale disposizione è stata riformata in più punti e, soprattutto, con riguardo alla disciplina sanzionatoria del reverse charge.

LEGGI LA CIRCOLARE N. 16/E

Come ricordato in premessa, la sanzione ridotta già prevista per le violazioni degli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione delle operazioni non imponibili, esenti o non soggette a Iva (dal 5 al 10% dei corrispettivi non documentati o non registrati, ovvero da 250 a 2mila euro, laddove la violazione non rilevi neppure ai fini della determinazione del reddito) è stata estesa anche alle medesime violazioni relative a operazioni soggette all’inversione contabile. A tale sanzione soggiace il cedente o prestatore (e non più genericamente “chi viola”, come previsto dalla norma previgente).

Con riguardo, invece, alle violazioni relative al meccanismo del reverse charge commesse dal cessionario o committente, è stato riscritto il comma 9-bis dell’articolo 6 del D.lgs. n. 471/1997 e sono stati introdotti tre nuovi commi (9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3).

Su queste ultime disposizioni l’Agenzia concentra la propria attenzione nel documento di prassi in esame, non prima di aver ricordato che le nuove norme sono entrate in vigore il 1° gennaio 2016 e che, in virtù del principio del favor rei, si applicano anche alle violazioni commesse fino al 31 dicembre 2015 per le quali non siano stati emessi atti che si sono resi “definitivi” anteriormente al 1° gennaio 2016.

Di seguito, una sintesi della novità e dei chiarimenti offerti dalla circolare.

 La nuova disciplina sanzionatoria

Per effetto delle modifiche in esame, il sistema sanzionatorio previsto in materia di inversione contabile risulta maggiormente conforme al principio di proporzionalità. Esso, infatti, colpisce in modo più grave le violazioni compiute con un intento di evasione o di frode (o che, comunque, comportino l’occultamento dell’operazione o un debito d’imposta) e in modo più mite le fattispecie irregolari per le quali l’imposta risulta comunque assolta.

Lo schema seguito dal legislatore (come si illustrerà meglio in seguito) prevede una norma di carattere generale (articolo 6, comma 9-bis, D.lgs. 471/1997) e tre norme speciali (commi 9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3). Tali nuove norme, peraltro, trovano applicazione anche rispetto alle violazioni in materia di inversione contabile nel settore dell’agricoltura e delle operazioni intracomunitarie.

L’Agenzia, inoltre, chiarisce che la norma generale recata dal comma 9-bis è applicabile anche agli acquisti dalla Repubblica di San Marino e dallo Stato della Città del Vaticano.

 Omissione degli adempimenti relativi all’inversione contabile (comma 9-bis)

La prima fattispecie sanzionatoria considerata dal legislatore è quella più generale, relativa alle ipotesi in cui l’operazione doveva essere assoggettata al sistema dell’inversione contabile, ma il cessionario o committente, soggetto passivo d’imposta, non ha posto in essere, totalmente o parzialmente, gli adempimenti previsti. Le violazioni che vengono in rilievo sono, quindi, quelle commesse (dal committente o cessionario) sia nell’ipotesi in cui debba essere emessa autofattura sia quando è prevista l’integrazione della fattura ricevuta dal cedente o prestatore.

In base alla nuova disposizione, è prevista l’applicazione di una sanzione in misura fissa, da un minimo di 500 fino a un massimo di 20mila euro, purché l’omissione degli adempimenti connessi all’inversione contabile non “occulti” l’operazione, che risulta comunque dalla contabilità tenuta ai fini delle imposte sui redditi. Al contrario, se l’operazione non risulta dalla contabilità, è prevista la più grave sanzione proporzionale nella misura compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile non documentato, con un minimo di 1.000 euro.

Circa l’imponibile di riferimento, l’Agenzia chiarisce che la sanzione compresa tra il 5 e il 10% deve essere commisurata all’importo complessivo dell’imponibile relativo alle operazioni soggette all’inversione contabile riconducibili a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riguardo a ciascun fornitore; laddove l’irregolarità si realizzi in più liquidazioni, si configureranno tante violazioni autonome da sanzionare per quante sono le liquidazioni interessate.

Inoltre, se l’omissione degli adempimenti connessi all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta anche un’infedele dichiarazione oppure un’indebita detrazione Iva da parte del soggetto passivo d’imposta (cessionario o committente), trovano applicazione anche le ordinarie sanzioni per dichiarazione infedele e per illegittima detrazione dell’Iva.

Anche per l’omessa regolarizzazione, da parte del cessionario o committente, delle operazioni soggette all’inversione contabile è prevista, rispetto al passato, una sanzione più lieve: dal 5 al 10% dell’imponibile.

 Errata applicazione dell’imposta nel modo ordinario anziché mediante inversione contabile (comma 9-bis.1)

Il comma 9-bis.1 disciplina l’ipotesi di irregolare assolvimento del tributo che si verifica quando l’operazione doveva essere assoggettata al meccanismo dell’inversione contabile ma, per errore, è stata oggetto di applicazione dell’imposta in via ordinaria (è il caso in cui il cedente o prestatore, pur in presenza dei requisiti prescritti per l’applicazione dell’inversione contabile, ha erroneamente emesso fattura con Iva e ha proceduto alla sua registrazione).

Per tale violazione non è più necessaria la regolarizzazione da parte del cessionario o committente ed è fatto salvo il diritto alla detrazione. Si prevede comunque che al cessionario o committente, debitore d’imposta, sia applicata una sanzione in misura fissa da un minimo di 250 fino a un massimo di 10mila euro, del cui pagamento è responsabile, in via solidale, il cedente o prestatore.

Sul punto, l’Agenzia chiarisce che la sanzione è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun fornitore. La diversa interpretazione secondo cui tale sanzione si applica per ogni singola fattura ricevuta da parte di ciascun fornitore, sarebbe, infatti, in contrasto con la ratio delle disposizioni in commento, volte a punire con una sanzione di lieve entità, proporzionale alla gravità della condotta, le violazioni dell’inversione contabile.

Infine, il cessionario o committente è punito con la più grave sanzione proporzionale nella misura compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta, se l’applicazione dell’Iva in modo ordinario anziché con l’inversione contabile è stata determinata da una finalità di evasione o frode di cui è provata la consapevolezza del cessionario o committente.

 Errata applicazione dell’imposta con il sistema dell’inversione contabile anziché nel modo ordinario (comma 9-bis.2)

Il comma 9-bis.2 disciplina la diversa e speculare ipotesi di irregolare assolvimento del tributo che si verifica quando l’Iva doveva essere assolta in via ordinaria, ma è stata, in modo irregolare, assolta con il meccanismo dell’inversione contabile dal cessionario o committente. In tal caso, il cessionario o committente ha il diritto alla detrazione dell’imposta assolta irregolarmente, mentre il cedente o prestatore – seppur debitore dell’imposta – non è obbligato all’assolvimento della stessa, ma è punito con la sanzione in misura fissa stabilita da un minimo di 250 a un massimo di 10mila euro, del cui pagamento è responsabile, in via solidale, il cessionario o committente. Anche in tale evenienza, precisa l’Agenzia, la sanzione è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun committente.

Diversamente, laddove il cedente/prestatore non emetta fattura o la emetta senza Iva o il cessionario/committente non assolva irregolarmente l’imposta tramite l’inversione contabile, si applicano le seguenti sanzioni:

  • il cedente/prestatore è punibile con la sanzione ordinaria prevista per violazione degli obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili (sanzione compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio)
  • il cessionario/committente è punibile con la sanzione prevista per la mancata regolarizzazione dell’operazione (sanzione pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro).

Con riguardo all’ambito applicativo del comma 9-bis.2, l’Agenzia, richiamando la relazione di accompagnamento al Dlgs 158/2015, evidenzia che la norma è applicabile solo al caso di irregolare assolvimento dell’imposta relativa a cessioni di beni o a prestazioni di servizi in cui l’imposta è stata erroneamente assolta dal cessionario/committente con il meccanismo dell’inversione contabile per operazioni riconducibili alle ipotesi di reverse charge, ma per le quali non ricorrevano tutte le condizioni per la sua applicazione. Ad esempio, rientra nell’ipotesi contemplata dalla norma in esame, la fattispecie della “stabile organizzazione occulta”: è il caso di un soggetto residente che abbia assolto l’imposta con il sistema dell’inversione contabile, relativamente a beni e servizi acquistati presso un soggetto dichiaratosi non residente e di cui, successivamente, sia accertata la stabile organizzazione in Italia.

Infine, le disposizioni di cui al comma 9-bis.2 non si applicano nel caso di ricorso all’inversione contabile in ipotesi palesemente estranee a detto regime. In tale evenienza, tornano applicabili al cedente/prestatore e al cessionario/committente le sanzioni di cui ai commi, rispettivamente, 1 e 8 dell’articolo 6.

 Errata applicazione del sistema dell’inversione contabile a operazioni esenti, non imponibili, non soggette ad imposta o inesistenti (comma 9-bis.3)

In chiusura di sistema, il comma 9-bis.3 prevede, in primo luogo, una peculiare disciplina, più a carattere procedurale che sanzionatorio, per l’ipotesi di errata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile a operazioni esenti, non imponibili o non soggette a imposta. La circolare riporta l’esempio del cessionario o committente che riceve una prestazione di servizi o una cessione di beni da un soggetto non residente e che, ritenendola per errore rilevante ai fini Iva in Italia, assolve l’imposta mediante l’inversione contabile, quando invece l’operazione era non soggetta a Iva.

In tal caso, chiarisce la circolare, l’organo accertatore è tenuto a elidere sia il debito erroneamente computato dal committente nelle liquidazioni periodiche sia la conseguente detrazione operata da quest’ultimo.

Resta fermo il diritto del cessionario o committente di recuperare l’imposta eventualmente non detratta (per indetraibilità soggettiva o oggettiva) mediante l’emissione di una nota di variazione in diminuzione o mediante la procedura “rimborso anomalo”.

Infine, viene in rilievo l’ipotesi delle operazioni inesistenti assolte con il meccanismo dell’inversione contabile. Per tale fattispecie, il legislatore ha introdotto regole specifiche, che attengono sia alla sanzione applicabile sia ai criteri di recupero dell’imposta in sede di accertamento.

Più in particolare, il Dlgs 158/2015 ha modificato l’intero impianto sanzionatorio amministrativo delle operazioni inesistenti nell’ambito dell’inversione contabile. Ora, infatti, la norma dispone che, in sede di accertamento, venga espunto sia il debito sia il credito computato nelle liquidazioni dell’imposta (eliminando così gli effetti dell’operazione contabilizzata), come già previsto per le operazioni esenti, non imponibili e non soggette, cui è stato erroneamente applicato il sistema dell’inversione contabile. La medesima norma, tuttavia, prevede una specifica sanzione nel caso di operazioni inesistenti, di misura compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro. Resta salvo, anche in tale ipotesi, il diritto del cessionario o committente di recuperare l’imposta eventualmente non detratta (per indetraibilità soggettiva o oggettiva) mediante l’emissione di una nota di variazione o mediante la procedura del “rimborso anomalo”.

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