Moltiplicati i doppi incarichi

Fonte: Italia Oggi

Pioggia di doppi incarichi nel ddl svuotaprovince. I sindaci potranno mantenere la fascia tricolore e contemporaneamente sedersi sugli scranni del parlamento o tra i banchi del governo, a condizione che i comuni amministrati abbiano meno di 15 mila abitanti. Oggi, invece, il sindaco-parlamentare è posto di fronte all’aut aut già se gestisce un ente con più di 5.000 abitanti. E possono esultare, dopo anni di battaglie, i sindaci dei piccoli comuni a cui viene riconosciuto il diritto a restare in carica per un terzo mandato consecutivo nei municipi fino a 3 mila abitanti.

I mini-enti, poi, recuperano la rappresentatività perduta per via dei tagli alle poltrone del 2011. Avranno più consiglieri e assessori, ma questa nuova infornata di amministratori locali dovrà essere a costo zero.

Ancora una volta (dopo il decreto Salva Roma-ter, zeppo di aiuti agli enti in difficoltà finanziaria) il governo di Matteo Renzi dimostra di essere particolarmente sensibile alla causa dei comuni. E non poteva essere diversamente visto il background del segretario del Pd e del fidato braccio destro Graziano Delrio.

Le tante «carezze» ai sindaci fanno da contraltare al pugno duro usato contro le province che vengono svuotate di competenze e trasformate in enti di secondo livello. Il voto del senato sul ddl che porta il nome dell’ex sindaco di Reggio Emilia è passato indenne (160 sono stati i voti favorevoli e 133 quelli contrari) grazie alla questione di fiducia, posta dal governo per sterilizzare gli oltre 3 mila emendamenti presentati e rispettare la tabella di marcia serrata che dovrebbe portare all’approvazione definitiva del provvedimento alla camera entro il 6 aprile (in tempo utile per applicarsi alle elezioni di maggio).

Il governo ha recepito tutti gli emendamenti approvati in commissione affari costituzionali (si veda ItaliaOggi del 24 e 25 marzo) con alcuni aggiustamenti per accogliere i rilievi della commissione bilancio e della Ragioneria dello stato. Tra questi, la previsione che i presidenti di provincia e le giunte, che resteranno in carica per gestire l’ordinaria amministrazione fino alla nascita delle nuove province o delle città metropolitane (a seconda dei casi), svolgano funzioni a titolo completamente gratuito. Nel testo iniziale, approvato martedì in prima commissione, la gratuità degli incarichi era prevista solo per gli assessori. Non per i presidenti, per i quali sembrava quindi profilarsi l’ipotesi di continuare a percepire un’indennità di funzione. Il che avrebbe ulteriormente eroso i già esigui risparmi che il disegno di legge punta a ottenere tagliando i costi dei 1774 amministratori provinciali: 111 milioni di euro, secondo la relazione illustrativa, a cui si aggiungono 118 milioni che rappresentano il costo che lo stato dovrebbe sostenere se si tenessero nuove elezioni provinciali.

Il governo ha invece deciso di tirare dritto sull’infornata di nuovi consiglieri e assessori nei piccoli comuni. La Ragioneria aveva espresso «perplessità» sulla clausola di invarianza di spesa prevista dal ddl, che impone ai comuni, prima di allargare le giunte e i consigli, di rideterminare gli oneri relativi allo status degli amministratori, previo parere dei revisori dei conti. Per via XX Settembre e per la commissione bilancio questo «meccanismo di compensazione» non convince e potrebbe produrre «effetti finanziari negativi».

Ma l’esecutivo non ha fatto marcia indietro, nella convinzione che alla fine i comuni sapranno applicare in modo virtuoso questa chance senza un aggravio di costi della politica.

In questo modo vengono definitivamente sterilizzati i tagli alle poltrone introdotti nel 2011 dalla manovra di Ferragosto del governo Berlusconi (dl 138) che aveva azzerato le giunte nei micro-comuni (sotto i mille abitanti) riducendo a sei il numero dei consiglieri. Oggi la possibilità di nominare assessori scatta solo nella fascia tra 1.000 e 3 mila abitanti, mentre in futuro grazie al ddl Delrio tutti i comuni, anche i più piccoli, fino a 3 mila abitanti potranno avere due assessori e 10 consiglieri. Rispetto all’attuale disciplina, il quadro risulta estremamente più semplice perché le fasce demografi che di riferimento si riducono da 4 a 2. E la linea di confine sarà costituita dal tetto dei 3 mila abitanti, al di sopra del quale si potranno nominare 12 consiglieri e 4 assessori. L’obiettivo del governo, come detto, è di far entrare in vigore le nuove regole in tempo utile per le prossime elezioni del 25 maggio. Ma per raggiungere lo scopo, il varo definitivo dovrà arrivare entro il 6 aprile.

Infine, sempre per accogliere i rilievi della quinta commissione, il maxiemendamento del governo ha precisato che le città metropolitane, al debutto dal 1° gennaio 2015 a Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli (per Roma e Reggio Calabria sono previste regole ad hoc) dovranno rispettare «gli equilibri di finanza pubblica» e «gli obiettivi del patto di stabilità interno». Una precisazione che ai più potrebbe apparire superflua. Ma in tema di finanza pubblica le certezze non sono mai troppe.

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